Relatore/Relatrice


Attività


Linguaggio e comunicazione nel DSM-5

Relatori: Giovanni Valeri

Giovanni

Valeri

“Il farsi del linguaggio…”

Relatori: Maria Cristina Caselli

Maria Cristina

Caselli

Developing language in a developing body: lo sviluppo del linguaggio nell’infanzia

Relatori: Jana Iverson

Jana

Iverson

Comunicazione VIVA: sempre affascinante

Relatori: Alfonso Borragàn

Alfonso

Borragàn

Plasticità cerebrale e recupero delle funzioni

Relatori: Enrico Castelli

Enrico

Castelli

La valutazione delle competenze linguistico-cognitive in età adulta

L’approvazione della legge 170/2010 «Nuove norme in materia di disturbo specifico di apprendimento in ambito scolastico» richiede una certificazione redatta secondo le normative vigenti per tutte le età. Data la carenza di strumenti standardizzati relativi alla fascia d’età superiore ai 19 anni, abbiamo ritenuto utile riadattare in lingua italiana un test usato in Francia (EVALuation du langage écrit et des compétences transversales ADolescents de 1ère et de terminale ou ADultes EVALAD) (C. Pech Georgel et al., 2011), tradotto in italiano con VALS, Valutazione della difficoltà di lettura e scrittura in età adulta.

La batteria VALS permette di analizzare le competenze di lettura e scrittura, la memoria verbale, l’attenzione, la coscienza fonologica, la denominazione rapida automatizzata e la memoria di lavoro. Il test è stato somministrato a un campione normativo di 200 persone, ripartite in base al sesso, l’età e il grado d’istruzione. La sua validità è stata in seguito verificata su un campione di 42 adulti dislessici/disortografici.

L’analisi statistica ha confermato la sensibilità della batteria nella valutazione delle competenze cognitivo-linguistiche, permettendo di verificare la permanenza di un deficit nella letto-scrittura. Il profilo funzionale individuato consente inoltre di definire le strategie operative idonee alla scelta di eventuali strumenti compensativi e dispensativi.

Relatori: Anna Giulia De Cagno

Anna Giulia

De Cagno

Massima elasticità per riparare e potenziare la voce: il Metodo PROEL

È sempre più evidente come dietro a una disfonia ci siano dei problemi infiammatori che l’hanno originata: patologie nasali, disturbi del sistema immunitario, patologie del tratto gastrointestinale, alimenti contaminati con prodotti chimici, metalli o pesticidi, lo stress e le emozioni incontrollate, problemi ormonali, sovra sforzo in un ambiente rumoroso, posture inadeguate, ambiente inquinato (fabbriche, saloni di parrucchieri, vernici), uso di farmaci (broncodilatatori, corticosteroidi per via inalatoria), ecc.

Quando devono fare i conti con un problema di questo genere, le persone sono obbligate a compiere un grande sforzo per emettere la voce. Attualmente, è possibile guarire più del 95% dei disturbi vocali, alcuni con terapia medica, altri con terapia vocale o con interventi chirurgici. Sia il paziente sia il professionista pretendono un trattamento che sia efficace, ovvero, che raggiunga la soluzione giusta e duratura in breve tempo e i metodi terapeutici che necessitano di un periodo di tempo prolungato per ottenere risultati, come quelli basati sulla respirazione o il rilassamento corporale, non soddisfano questi requisiti. I metodi terapeutici in cui l’elasticità e l’energia cinetica sono alla base della terapia mostrano invece risultati eccellenti e più rapidi. Questi metodi servono anche per potenziare delle voci normali e per rendere la voce di ognuno un’opera d’arte. La voce, infatti, è il mezzo di espressione di ciascuno di noi ed è il nostro personale biglietto da visita.

Relatori: Alfonso Borragàn

Alfonso

Borragàn

Potenziare le competenze linguistiche dei bambini bilingui

Il presente workshop avrà lo scopo di delineare alcuni metodi di potenziamento delle competenze linguistiche utilizzabili con i bambini bilingui che acquisiscono l’italiano come L2. La peculiarità dello sviluppo linguistico del bambino bilingue è che l’acquisizione di due codici linguistici deve avvenire nello stesso lasso di tempo e con la stessa quantità di risorse rispetto a quanto avviene nello sviluppo linguistico monolingue. Per questo motivo, sta crescendo sempre di più l’esigenza di predisporre strumenti di potenziamento che consentano di offrire una maggiore stimolazione linguistica ai bambini bilingui. Nel presente workshop verranno presentati due strumenti di potenziamento delle competenze linguistiche per i bambini bilingui in età prescolare. «Parlaspesa» è uno strumento sviluppato per i dispositivi mobili e ha l’obiettivo di facilitare l’acquisizione di nuove parole. È uno strumento particolarmente adatto ai bambini bilingui nelle prime fasi di acquisizione dell’italiano come L2. Il secondo strumento riguarda il potenziamento delle abilità di comprensione del testo ed è adatto ai bambini di età prescolare, a partire dai 5 anni, e consente di favorire le competenze utili per la successiva alfabetizzazione.

Relatori: Maja Roch

Maja

Roch

Il linguaggio dei numeri

Il linguaggio, nel mondo dei numeri, ha un ruolo fondamentale per permettere di organizzare e dare ordine a tutte le situazioni che ci mettono a confronto con le quantità: ben prima di contare, recitare la filastrocca delle tabelline o di leggere i numeri i bambini usano il linguaggio per descrivere le numerosità del mondo che frequentano.

I modelli evolutivi dell’elaborazione numerica e del calcolo individuano tre principali ordini di fattori alla base dell’apprendimento matematico: una componente innata, una componente linguistica e una componente visuo-spaziale. Nei bambini fino ai cinque anni viene identificata anche una componente motoria, che progressivamente viene abbandonata quando gli apprendimenti sono formalizzati attraverso l’insegnamento.

Il workshop intende offrire ai partecipanti strumenti per imparare a comprendere nelle diverse fasi evolutive il rapporto tra lingua e numeri, sia nella dimensione evolutiva (dall’età prescolare agli apprendimenti formali della scuola primaria e secondaria), sia per quanto riguarda la relazione tra disturbi del linguaggio e apprendimenti matematici. A questo proposito verranno fornite indicazioni di lavoro specifiche sia relativamente al periodo prescolare sia per i bambini più grandi, per fare in modo che un disturbo di linguaggio pesi il meno possibile sullo sviluppo delle abilità numeriche e aritmetiche.

 

Relatori: Enrica Mariani , Manuela Pieretti , Andrea Biancardi

Enrica

Mariani

Manuela

Pieretti

Andrea

Biancardi

Tavola rotonda - Le linee guida nazionali per il Disturbo Specifico del Linguaggio

La Tavola Rotonda è finalizzata alla condivisione dello stato dell’arte sui lavori preparatori per una Consensus Conference sui disturbi «specifici» di linguaggio. Enti promotori sono le associazioni CLASTA e FLI. CLASTA riunisce operatori e ricercatori che si occupano dello Sviluppo della Comunicazione e del Linguaggio, Tipico e Atipico, affiancando ricerca e clinica. La FLI rappresenta, presso tutte le istituzioni e il mondo politico a livello nazionale, europeo e in gran parte del resto del mondo, i Logopedisti. L’obiettivo comune a entrambe le Associazioni è la definizione del Disturbo Specifico del Linguaggio e l’individuazione di raccomandazioni per la diagnosi e l’intervento, attraverso una Consensus Conference che permetta una condivisione dei saperi e di protocolli di valutazione e intervento scientificamente fondati. Saranno descritte e discusse le fasi operative del progetto, finalizzato a individuare alcuni quesiti specifici per consentire una più corretta diagnosi basata su chiari criteri di inclusione/esclusione; evidenziare indici predittivi del disturbo; definire le funzioni cognitive verbali e non verbali da indagare, in considerazione della elevata presenza delle stesse nella casistica dei soggetti con Disturbo Specifico del Linguaggio; verificare e proporre i modelli di intervento più idonei sulla base delle attuali evidenze scientifiche.

Relatori: Sara Rinaldi , Alessandra Sansavini , Graziella Tarter , Luigi Marotta , Simonetta D'Amico , Chiara Levorato , Jana Iverson , Tiziana Rossetto

Sara

Rinaldi

Alessandra

Sansavini

Graziella

Tarter

Luigi

Marotta

Simonetta

D'Amico

Chiara

Levorato

Jana

Iverson

Tiziana

Rossetto

L’intervento con il bambino nella prima infanzia. Il modello INTERACT

Il termine Late Language Emergence (LLE, Zubrick et al., 2007) si riferisce a bambini con linguaggio a lenta insorgenza identificati a 24 mesi d’età e rappresenta il primo indicatore di un ritardo nel vocabolario espressivo, di un lento incremento lessicale e di un ritardo dell’inizio della combinazione di parole. Il modello d’intervento INTERACT™ (Bonifacio e Hvastja Stefani, 2004; 2010) è stato progettato per bambini Parlatori Tardivi di età compresa tra i 24 e i 30 mesi, in assenza di deficit neurologici, sensoriali, cognitivi e di deprivazione ambientale; è assimilabile ai programmi d’intervento presenti in letteratura definiti «indiretti»; si centra sulle caratteristiche dello stile comunicativo della coppia genitore-bambino Parlatore Tardivo; rispecchia l’approccio degli interventi naturalistici in cui le attività quotidiane diventano contesti di apprendimento. I genitori imparano a seguire l’interesse del bambino e a modellare il linguaggio nei contesti socio-comunicativi. Obiettivi generali del programma INTERACT™ sono migliorare la qualità delle interazioni comunicative tra genitore e bambino, incrementare lo sviluppo del linguaggio espressivo e la combinazione di più parole per formulare una frase.

Relatori: Serena Bonifacio

Serena

Bonifacio

Il disturbo dell’apprendimento non verbale: diagnosi differenziale e trattamento riabilitativo

I criteri diagnostici per identificare i bambini con Disturbo dell’Apprendimento Non Verbale (DANV) si focalizzano sulla discrepanza tra lo sviluppo delle abilità verbali e delle abilità non verbali a favore delle prime. Noi esamineremo il profilo neuropsicologico e le prestazioni scolastiche di bambini con DANV in un’ottica orientata al trattamento.

Analizzeremo tre casi singoli che, pur presentando un Disturbo dell’Apprendimento Non Verbale, manifestano differenti necessità per quanto riguarda il trattamento riabilitativo. Ogni caso è stato valutato con una batteria flessibile di test cognitivi e di apprendimento scolastico così da poterne evidenziare le risorse e i deficit.

I casi studiati presentano deficit nell’intelligenza non verbale in presenza di un’intelligenza verbale nella media oltre a deficit nell’elaborazione delle informazioni visuo-spaziali, carenti abilità motorie, prestazioni accademiche inadeguate che coinvolgono le abilità matematiche e, non in tutti, le abilità visuo-spaziali coinvolte nella lettura. Le difficoltà nell’interazione sociale non sono sempre presenti. I deficit e le risorse, rilevati nei tre casi, possono determinare una prognosi differente nelle situazioni della vita reale insieme a quanto si può fare per incrementare le abilità e compensare i deficit in una prospettiva riabilitativa che integra il lavoro sui processi cognitivi con il lavoro sulla competenza in una prospettiva cognitiva, emotiva e sociale

Relatori: Giovanni Masciarelli , Enrico Iurato

Giovanni

Masciarelli

Enrico

Iurato

Facilitare la comunicazione: la CAA, i Software e la riabilitazione

L’impatto rapido e diffuso delle tecnologie mobili ha determinato nella Comunicazione Aumentativa Alternativa quella che è stata chiamata una vera e propria rivoluzione nel campo, introducendo elementi tecnici che modificano i modi e tempi di produzione dei messaggi tipici della low-tech, con particolare riferimento a funzioni quali l’uscita in voce, la memoria dei messaggi esterna agli interlocutori, il notevole incremento potenziale del numero di simboli a disposizione, ecc. Tutti questi elementi fanno capo a una superiore possibilità di autonomia ma anche a una superiore richiesta, su molteplici livelli, alla persona con bisogni comunicativi complessi; ciò ha introdotto alcuni vantaggi, ma anche una importante serie di preoccupazioni e problemi tanto negli operatori della CAA quanto nei caregivers. Nel workshop si esamineranno questi temi, le principali novità nel campo e i nuovi scenari aperti nella operatività di CAA non solo da app e nuovi software, ma anche dallo spostamento online dei principali strumenti utilizzati per creare tavole di comunicazione e altro materiale low-tech. Saranno esaminati esempi molto recenti e discusse le nuove direzioni su cui sembrano muoversi oggi le tecnologie di CAA.

Relatori: Paola Sarti , Paolo Vaccari , Maria Antonella Costantino

Paola

Sarti

Paolo

Vaccari

Maria Antonella

Costantino

Sviluppo fonologico del linguaggio: proposta di pratica clinica

Partendo da teorie di riferimento ampiamente riconosciute e accreditate dalla letteratura internazionale, l’intervento verterà sulla proposta di alcune procedure di trattamento a livello fonologico. Sarà presentata un’esperienza di pratica clinica quotidiana, attraverso modalità, materiali e stimoli sperimentati in oltre vent’anni di esperienza. Il trattamento si basa su linee teoriche condivise, ma prevede un adattamento personalizzato rispetto alle caratteristiche del disturbo e del bambino. L’efficacia di questa metodologia è stata dimostrata anche oggettivamente da un primo studio sull’evidenza del trattamento fonologico svolto in quest’ottica. I partecipanti saranno condotti attraverso il ragionamento clinico a esplorare tutte le fasi per la realizzazione del percorso terapeutico. Utilizzando la valutazione fonologica classica come base, saranno esposte le modalità di integrazione e arricchimento di questa fase con approfondimenti mirati all’identificazione dell’origine delle lacune sulle quali stabilire l’iter riabilitativo. L’intervento si concluderà con la presentazione di uno strumento sperimentale di valutazione fonologica spendibile all’interno dei Servizi, grazie ai rapidi tempi di somministrazione

Relatori: Luisa Degasperi

Luisa

Degasperi

La disprassia verbale evolutiva

La Disprassia Verbale Evolutiva o DVE rappresenta una delle categorie nosologiche più controverse nella clinica dei disordini del linguaggio. Si presenta come un disturbo dell’articolazione del linguaggio che comporta una compromissione a carico del processo di sequenzializzazione prearticolatoria e, successivamente, della coarticolazione dei fonemi e delle sillabe, determinando una scarsa intellegibilità dell’eloquio. Altro tratto caratteristico di questi soggetti, quando è presente una produzione verbale, seppur ridotta e fonologicamente deficitaria, è la disprosodia. La prosodia rappresenta un fenomeno complesso, caratterizzato da fini modificazioni del vocal tract con effetto sulla frequenza, sull’intensità, sulla durata e sulla linearità del flusso vocale.

A livello clinico quindi è necessario tener conto di molteplici fattori e di una grande variabilità in diverse aree dello sviluppo; sia la valutazione che il progetto di terapia debbono assumere un approccio multisistemico, per operare a un alto livello di specializzazione.

La terapia logopedica avrà dunque diverse strade da percorrere: quella fonetica-fonologica, compresa la diadococinesi sia fonetica che motoria, e quella prosodica, dove il lavoro sarà incentrato sui livelli di percezione e di modulazione attraverso i ritmi e le melodie del metodo Drežančić.

Nel presente workshop saranno considerati alcuni di questi aspetti sia in riferimento alla valutazione che all’approccio metodologico terapeutico più completo ed efficace.

 

Relatori: Letizia Michelazzo

Letizia

Michelazzo

Consapevolezza del meccanismo fonatorio nel canto

Tra gli insegnanti di canto spesso si raccolgono opinioni contrastanti e fuorvianti. La didattica è ancora basata sull’interpretazione di sensazioni e sulla confusione tra tecnica e stile. Partire dall’anatomo-fisiologia per insegnare la tecnica di emissione vocale sarebbe invece un approccio più corretto ed efficace. Nella prima parte del workshop verranno presentati i risultati di uno studio che ha verificato quanto la consapevolezza dello strumento vocale e il lavoro combinato del logopedista e del foniatra migliorino le performance canore. Sono stati presi in esame 18 cantanti privi di conoscenze anatomo-fisiologiche, selezionati in base alla somministrazione di un questionario conoscitivo, tutti riferenti difficoltà nel passaggio di registro: ciascuno di essi è stato sottoposto a fibrolaringoscopia e ad esame aerodinamico della voce. Successivamente hanno partecipato a un ciclo di logopedia in cui sono state fornite nozioni di anatomo-fisiologia dello strumento vocale. A distanza di 6 settimane i soggetti hanno ripetuto gli stessi esami, potendo osservare, durante la visita, il proprio organo vocale nel monitor. Mediante endoscopia sono stati rilevati i miglioramenti durante l’emissione del passaggio di registro, le costrizioni e l’aerofonia permetteva di quantificare il minore dispendio energetico nel canto, riferibile ai valori di flusso e di pressione sottoglottica. All’impressione visiva e acustica si associava dunque una documentazione oggettiva del risultato ottenuto. Nella seconda parte del workshop, invece, verrà presentato l’approccio olistico allo strumento vocale, partendo dalla visione del corpo come strumento. Il percorso infatti passa attraverso tappe obbligate, quali la conoscenza dell’anatomia e della fisiologia della voce, l’ottimizzazione delle proprie risorse e la salvaguardia dello strumento vocale per perseguire l’obiettivo dell’economia: massima resa con il minor sforzo. Saranno poi illustrati strumenti ed esercizi «ad personam» che contribuiscono ad aumentare la propriocezione, ad individuare le caratteristiche peculiari della propria voce e gli eventuali «segni» di un cattivo funzionamento, a potenziare, equilibrare e coordinare fra loro respirazione, fonazione e risonanza, attraverso, ad esempio, tecniche di riscaldamento che permettano il bilanciamento dei tre citati sistemi.

Relatori: Nunzia Carrozza , Ugo Cesari

Nunzia

Carrozza

Ugo

Cesari

La valutazione e l’intervento nel bambino impiantato

Nella presa in carico delle sordità il ruolo del logopedista è quello di accompagnare il bambino e la sua famiglia in un percorso che stimoli le capacità percettivo-uditive e persegua parametri cognitivo-linguistici indispensabili per una crescita adeguata e serena. Grazie ai sempre più efficienti protocolli di screening audiologici, la diagnosi di ipoacusia neurosensoriale bilaterale profonda viene oggi eseguita in tempi molto brevi, con notevoli ripercussioni positive sul percorso clinico del piccolo paziente, il quale vedrà compensare velocemente il gap tra età uditiva ed età cronologica. Ciò, da un punto di vista pratico, si traduce in una presa in carico di bambini molto piccoli, richiedendo una conoscenza approfondita delle tappe di sviluppo comunicativo-simbolico, della gerarchia delle abilità uditive e di parent training per le coppie genitoriali. Il logopedista interviene nel percorso di ri-abilitazione strutturando un progetto terapeutico con valutazione, obiettivi, metodi e feedback tramite un intervento volto all’utilizzo delle protesi o im-pianto, e che comprenda: allerta uditiva, detezione, discriminazione, identificazione, riconoscimento e comprensione uditiva. Si attua una stimolazione al linguaggio nelle tappe tipiche dello sviluppo linguistico in quella che è la zona prossimale di sviluppo del bambino trattato, oltre che un intervento di counseling logopedico per il sostegno genitoriale e la creazione di una rete che coinvolga famiglia, scuola, territorio

Relatori: Alessandra Resca

Alessandra

Resca

Indici fonologici e morfosintattici di disturbo specifico/primario di linguaggio nei bambini con italiano L2

Le prestazioni linguistiche di bambini bilingui sequenziali nell’area morfosintattica sono spesso simili a quelle di bambini con Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL), almeno superficialmente. Questo rende difficile discriminare tra una condizione di DSL e una condizione di sviluppo ritardato come conseguenza di esposizione ritardata. Una strategia per affrontare il problema è quella di esaminare le prestazioni linguistiche di bambini bilingui in aree linguistiche cruciali per l’individuazione del DSL in una data lingua. Sulla base dei risultati di ricerche precedenti, Bianco & Guasti (in prep.) hanno ipotizzato che i bambini bilingui con DSL abbiano prestazioni inferiori a quelle dei loro coetanei bilingui senza DSL nella ripetizione di non parole e nella produzione di clitici, e che il pattern di errore sia diverso. È stato condotto a questo scopo uno studio a cui hanno partecipato 18 bambini bilingui con DSL e 29 bambini bilingui senza DSL di 5 anni. I risultati suggeriscono che produzione di clitici e ripetizione di non parole possono individuare i bambini con DSL all’interno del gruppo dei bilingui. Inoltre, l’analisi qualitativa del pattern di produzione dei clitici da parte dei bambini bilingui sequenziali con DSL e senza DSL suggerisce che la causa d’errore sia diversa nelle due popolazioni e che, in italiano, per una corretta ripetizione delle non parole non sia necessario un tempo di esposizione molto lungo, e che invece per la produzione dei clitici occorra un tempo di produzione di almeno 2 anni.

Relatori: Maria Teresa Guasti

Maria Teresa

Guasti

Scrivi correttamente, ti aiuto io!

Sono pochi gli orientamenti che è possibile ricavare dal Documento definitivo di consenso dell’Istituto Superiore di Sanità (2011) a proposito del trattamento della Disortografia. Mancano in letteratura studi di efficacia sulle lingue ad ortografia regolare, tra le quali viene incluso l’italiano. Tuttavia, è presente l’indicazione che «risultano efficaci i trattamenti nei quali le istruzioni vengono rese esplicite, in cui vi sono possibilità ripetute di esercizio e dove è immediatamente fornito il feedback sul risultato» (ibidem, p. 52). Nel workshop si presenteranno attività che rispondono a questa indicazione, prediligendo in particolare quelle che permettono al terapista di indicare con precisione al bambino cosa deve fare, svolgendo il compito in prima persona per fungere da modello esperto (istruzioni esplicite). Tali attività consentono inoltre al bambino di allenarsi svolgendo esercizi che possono essere replicati sfruttando la traccia dell’attività (possibilità ripetute di esercizio). Infine, sono caratterizzate dalla presenza di metodi di autovalutazione o autocorrezione del compito svolto (feedback sul risultato). Nello specifico, verranno analizzati due tipi diversi di attività: il primo basato su esercizi di percezione dei suoni del linguaggio, cognitivamente e metacognitivamente orientati; il secondo, su esercizi di enigmistica.

 

Relatori: Susi Cazzaniga

Susi

Cazzaniga

Tavola rotonda Case management e trattamento integrato

L’origine del Case Management viene fatta risalire a un pioniere dell’attività dei servizi sociali, Mary Richmont, che nel 1901 pubblicò un modello di funzionamento dei servizi sanitari che poneva l’utente al centro come valore fondamentale per il coordinamento e la comunicazione fra le varie agenzie sociali dell’epoca. Il Case Management – modello organizzativo cui fanno riferimento numerosi studi dell’ultimo decennio – è un modo di operare economico ed efficiente per raggiungere con efficacia gli obiettivi di assistenza individuale. È un intervento coordinato in cui il Case Manager risponde ai principi della Community care, la migliore e più efficace assistenza possibile, facendosi carico di tutte le esigenze della persona assistita e intervenendo nei rapporti con la famiglia, i vicini, le istituzioni e il personale sanitario. Costituire una rete comunicativa tra i vari professionisti che collaborano implica la capacità di ricoprire sia un ruolo clinico, perché è necessario conoscere gli aspetti terapeutici, gestire e monitorare il percorso di cura del paziente, sia un ruolo manageriale, perché occorre essere in grado di formulare un piano, un progetto in cui si individuano le risorse in funzione dei bisogni, selezionando e coordinando gli interventi necessari. L’utilizzo del Case Management presuppone quindi:

  • una cultura organizzativa che renda la persona il soggetto del processo assistenziale;
  • una cultura professionale che implichi una conoscenza sistemica degli aspetti clinici e dei costi economici;
  • l’esistenza di evidenze scientifiche a supporto delle scelte operate nelle fasi del percorso di cura;
  • una struttura organizzativa basata sulla continuità assistenziale e non sulle divisioni settoriali e/o di specialità;
  • un sistema di misurazione dei risultati.

Anche il logopedista, per ciò che riguarda la propria competenza professionale, deve essere in grado di applicare un modello di gestione ad azione coordinata tra tutte le componenti e tra tutti gli attori del sistema, con una gestione integrata dei percorsi diagnostico-terapeutici.

Relatori: Anna Giulia De Cagno , Antonio Bortone , Francesca Chimetto , Maria Valeria Di Martino

Anna Giulia

De Cagno

Antonio

Bortone

Francesca

Chimetto

Maria Valeria

Di Martino

La valutazione delle abilità morfosintattiche espressive dai 3 ai 6 anni: il Test LEPI

La carenza di test che permettano di individuare un disturbo del linguaggio espressivo in ambito morfosintattico, nella fascia di età 3-6 anni, ha determinato l’esigenza di intraprendere uno studio che identificasse i percorsi di sviluppo tipici dei bambini di lingua italiana e fosse propedeutico alla stesura di una prova per rilevare gli indici precoci del disturbo. Lo scopo era realizzare un test che permettesse di porre una diagnosi e impostare delle modalità di trattamento mirate. Il test LEPI (Linguaggio Espressivo Prima Infanzia) è stato standardizzato su un campione di circa 300 bambini della scuola dell’infanzia dell’hinterland milanese ai quali sono state sottoposte due storie differenti con la consegna di «raccontare una storia in base alle vignette presentate». I dati raccolti hanno permesso di evidenziare, nelle diverse fasce di età (suddivise di 6 mesi in 6 mesi), la comparsa corretta delle diverse strutture morfosintattiche nel linguaggio infantile. Il test è stato successivamente proposto a un gruppo di bambini con Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL) della medesima età, per verificarne l’efficacia ai fini diagnostici.

Relatori: Laura Cerminara , Itala Riccardi Ripamonti

Laura

Cerminara

Itala

Riccardi Ripamonti

La gestione del paziente con disfagia: il ruolo del logopedista

Il numero di logopedisti che si occupano di disturbi della deglutizione è costantemente in aumento a seguito della sempre maggiore richiesta di intervento riabilitativo specifico in un settore che cresce per motivi clinici e sociologici. Negli ultimi anni è sensibilmente maggiore l’attenzione ai problemi della deglutizione e alle conseguenze spesso nefaste che essi hanno sul decorso clinico e sulla sopravvivenza stessa dei pazienti. Inoltre l’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della prevalenza delle patologie neurologiche di cui la disfagia è sintomo molto frequente e con la maggiore frequenza di fenomeni involutivi della funzionalità deglutitoria – che vanno sotto il nome di presbifagia – richiedono una sempre più attenta presenza di personale riabilitativo, e non solo, con competenze specifiche nel settore. I disturbi della deglutizione, però, non riguardano solo i soggetti anziani ma sono rinvenibili a tutte le età, sia in conseguenza di situazioni patologiche che di disarmonie evolutive, che possono in vario modo inficiare la funzionalità deglutitoria e la morfologia del tratto boccale. La presa in carico del paziente con disfagia richiede la presenza di logopedisti esperti nel campo della deglutizione: essa, infatti, pur essendo in continuità con altre attività logopediche, necessita per la diversità della funzione e per la specificità delle tecniche utilizzate un percorso formativo-esperenziale specifico.

 

Relatori: Sara Panizzolo , Antonio Amitrano

Sara

Panizzolo

Antonio

Amitrano

La valutazione delle funzioni esecutive in età prescolare

Le Funzioni Esecutive (FE) sono processi che intervengono nei comportamenti finalizzati e complessi. Negli ultimi anni la letteratura ha dimostrato l’importante ruolo giocato da tali funzioni in diversi domini dello sviluppo e dell’apprendimento. Proprio questa interazione tra FE e diversi aspetti del funzionamento individuale rende necessario un approfondimento di tali processi in sede di valutazione clinica. Ai fini della valutazione delle FE in età precoce, risulta estremamente importante adottare una prospettiva ontogenetica e non un modello basato sul parallelismo con il funzionamento adulto. Per tale ragione è necessario conoscere lo sviluppo delle diverse componenti del costrutto e i processi di differenziazione che hanno luogo dalla prima infanzia all’età scolare. Nel corso della prima parte dell’intervento, oltre a un approfondimento sullo sviluppo e sulle relazioni tra FE e altri domini del funzionamento, saranno trattati alcuni problemi inerenti la valutazione delle Funzioni Esecutive, in particolare in età precoce: il problema dell’impurità delle prove, la difficile corrispondenza tra processi cognitivi oggetto di valutazione e comportamento manifesto, l’affidabilità dei compiti esecutivi, la possibilità che uno stesso compito valuti processi diversi a seconda dell’età considerata. Nella seconda parte dell’intervento sarà presentata una nuova batteria per la valutazione delle FE nella fascia d’età tra i 2 e i 6 anni.

Relatori: Maria Carmen Usai

Maria Carmen

Usai

La valutazione delle competenze linguistiche dei bambini sordi in un’ottica di bilinguismo bimodale

La valutazione delle competenze linguistiche dei bambini sordi è un problema complesso. I bambini sordi con genitori sordi segnanti e alcuni bambini sordi con genitori udenti sono esposti, oltre che all’italiano parlato, anche alla lingua dei segni. Questi bambini sono bilingui bimodali, ossia sono bambini che apprendono due lingue che utilizzano due modalità differenti, la modalità acustico-vocale e quella visivo-gestuale. Molti studi sul bilinguismo hanno ormai dimostrato che la valutazione di entrambe le lingue a cui il bambino è esposto offre una stima completa delle reali competenze linguistiche dei bambini bilingui. La sfida metodologica posta dalla valutazione del bilinguismo non riguarda soltanto la predisposizione di adeguati strumenti di valutazione, costruiti sulla base di precisi e espliciti modelli teorici, ma anche il processo di somministrazione delle prove, analisi dei dati e interpretazione dei risultati. Riconoscere le potenziali sfide della somministrazione e dell’interpretazione dei risultati farà sì che la valutazione sia realizzata in maniera tale da preservare, per quanto possibile, la validità e l’attendibilità e possa diventare uno strumento diagnostico operativo utile per far emergere le potenzialità del bambino.

 

Relatori: Pasquale Rinaldi

Pasquale

Rinaldi

Traiettorie evolutive nell’apprendimento dei bambini L2

Il bilinguismo è un fenomeno sfaccettato, definito su più dimensioni e oggetto di grande interesse nell’ambito della letteratura internazionale. In Italia è in costante aumento la presenza di bambini bilingui, esposti all’italiano come L2 e parlanti una lingua minoritaria nel contesto famigliare (MIUR, 2014). La condizione di bilinguismo non costituisce, di per sé, un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi dell’apprendimento e del linguaggio; spesso, infatti, un relativo svantaggio nelle competenze linguistiche è dovuto ad una insufficiente esposizione alla lingua comunitaria. É tuttavia evidente come in Italia stiano emergendo nuovi interrogativi, da una parte sulle migliori modalità didattiche da utilizzare nei contesti scolastici, e dall’altra sull’adeguatezza di protocolli diagnostici e di intervento da applicare in ambito sanitario. È quindi importante conoscere le traiettorie evolutive dei bambini che crescono in condizioni di bilinguismo al fine di ridurre i casi di falsi positivi e falsi negativi nella pratica clinica.

Nel presente workshop verranno presentati alcuni tra i contributi più recenti della letteratura internazionale sulle traiettorie evolutive di bambini bilingui parlanti lingue minoritarie (language-minority bilingual children), in riferimento all’acquisizione delle competenze sia linguistiche che strumentali (letto-scrittura). Verranno inoltre presentati studi condotti nel contesto italiano su bambini bilingui in età prescolare e scolare, al fine di offrire dati e strumenti specifici e adeguati all’acquisizione e valutazione dell’italiano L2.

Relatori: Paola Bonifacci

Paola

Bonifacci

Disturbi della letto-scrittura. Criticità e decisioni cliniche

Benché le linee guida in merito ai Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) abbiano trovato ormai ampia diffusione, restano aperte molte questioni; è infatti tuttora molto vivace il dibattito in merito alle ipotesi che spiegano il disordine e alle sue relazioni con altre dimensioni cognitive, quali il funzionamento linguistico, mnestico o attentivo. Ciò si riflette ampiamente in ambito clinico al momento della valutazione e delle scelte riabilitative. In fase di assessment restano zone d’ombra rispetto alle conclusioni diagnostiche, in presenza di dati discordanti o ai limiti. Nelle prime fasce d’età, la rilevazione del disturbo e la distinzione tra disordine e ritardo pongono non pochi problemi. Nei ragazzi più grandi un passaggio particolarmente delicato è quello della selezione delle misure compensative e dispensative realmente adeguate alle necessità della persona. La ricerca scientifica nell’ambito dell’intervento riabilitativo in tema di DSA permette di formulare piani di intervento meglio supportati dalle evidenze, ma può risultare difficile pianificare un trattamento disegnato sulla persona, sulle caratteristiche del suo disturbo e sulle sue necessità di inserirsi al meglio nell’ambiente. Questo workshop si propone di mettere a fuoco alcune delle criticità che ricorrono nella clinica, nella valutazione e nelle scelte riabilitative successive, sottolineando il ruolo decisionale del clinico nell’interpretazione dei dati e nella selezione delle misure d’intervento più adeguate.

 

Relatori: Alessandra Pinton

Alessandra

Pinton

Stroke Unit: quale intervento nell’urgenza?

Le linee guida italiane di prevenzione e trattamento dell’ictus mettono in risalto, attraverso specifiche raccomandazioni, l’importanza di una «riabilitazione precoce», quindi di una presa in carico del paziente già dalla fase acuta.

L’afasia è uno dei problemi più drammatici che si possono verificare a seguito di un ictus ed è presente spesso quando la lesione cerebrale coinvolge l’emisfero dominante del cervello – usualmente il sinistro – talvolta anche con lesioni dell’emisfero destro in una larga parte dei pazienti mancini. In Italia si stimano circa 150.000 persone afasiche con 20.000 casi all’anno. Compito del logopedista è quello di osservare, valutare e monitorare il paziente dal punto di vista delle alterazioni delle funzioni cognitive e deglutitorie. L’intervento precoce logopedico si articola nelle sue tre attività di intervento diretto al paziente, di formazione e informazione al caregiver e ai familiari, nonché all’intero team. Il fine ultimo resta quello di migliorare le condizioni del paziente e il proprio outcome finale, attraverso un intervento razionale che si attiva già dopo le prime 48 ore e che ha un effetto sulla prevenzione secondaria. Per fare tutto questo c’è bisogno che alcune procedure e gli strumenti di valutazione vengano sistematizzati e implementati al fine di produrre evidenze sull’efficacia di tale trattamento e di mettere in luce l’importanza di un intervento multiprofessionale.

Relatori: Giuseppe Mancini , Monica Borella

Giuseppe

Mancini

Monica

Borella

Disturbo della Comunicazione Sociale (Pragmatica): modelli teorici e pratica clinica

Il DSM-5 ha introdotto il Disturbo della Comunicazione Sociale (Pragmatica) (DCSP) tra i Disturbi della Comunicazione, all’interno del più ampio dominio dei Disturbi del Neurosviluppo. Il DCSP è caratterizzato da persistenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale, in assenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi. Nel workshop verranno analizzati i modelli nosografici alla base del DCSP e le implicazioni cliniche, in particolare cercheremo di comprendere i rapporti tra DCSP e Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL), le precedenti descrizioni di Disturbo Semantico-Pragmatico e di Compromissione Pragmatica del Linguaggio (PLI – Pragmatic Language Impairment), e gli altri disturbi del neurosviluppo. Verranno presentati i test disponibili in Italia per la costruzione di una batteria di valutazione del SPCD e alcuni modelli di intervento specificamente rivolti al SPCD.

Relatori: Giovanni Valeri

Giovanni

Valeri

L'utilizzo della Comunicazione Aumentativa nel trattamento logopedico del paziente adulto

L’essenza dell’umanità è scambiare pensieri, idee e sentimenti con gli altri: comunicare. Comunicare è un diritto per tutti.

 

La Comunicazione Aumentativa Alternativa è «ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale» ed è «un'area della pratica clinica che cerca di compensare la disabilità temporanea o permanente di individui con bisogni comunicativi complessi» (ASHA, 2005).

Sono definite utenti con bisogni comunicativi complessi le persone che hanno problemi comunicativi associati a una vasta gamma di cause fisiche, sensoriali e ambientali, che restringono/limitano l’abilità a partecipare in maniera indipendente alla società. Le persone con complessi bisogni comunicativi e i loro partner comunicativi possono beneficiare della CAA sia temporaneamente che permanentemente (ISAAC Italy).

La Comunicazione Aumentativa Alternativa non è una tecnica riabilitativa ma un approccio e come tale tende a integrare gli interventi riabilitativi e educativi in essere, riconoscendo e valorizzando la persona con complessi bisogni comunicativi per migliorarne la qualità di vita. Fa questo costruendo e potenziando competenze comunicative nella persona disabile e nei suoi ambienti di vita. Lo scopo della CAA è di permettere alla persona con motor speech disorders, gravi cerebrolesioni acquisite (GCA) e afasia di autodeterminarsi, facendo scelte, esprimendo rifiuto e assenso, esprimendo i propri stati d’animo, raccontando e quindi influenzando l’ambiente.

Relatori: Chiara Bonazzi

Chiara

Bonazzi

Balbuzie: come intervenire e con quali strumenti

La balbuzie è un disturbo molto diffuso (ne soffrono 68 milioni di persone nel mondo) che impatta negativamente sullo stile di vita delle persone che ne sono affette e richiede un assessment multidimensionale che, oltre alla quantificazione del livello di severità delle disfluenze, comprenda anche il vissuto della persona che balbetta, in quanto diversi elementi eterogenei tra loro si combinano e interagiscono in modo poco prevedibile determinando un quadro clinico unico per ciascun individuo.

Il workshop si pone l’obiettivo di illustrare la Behaviour Assessment Battery®: Batteria per l’assessment cognitivo-comportamentale ed emotivo della balbuzie (BAB), che si configura come strumento in grado di valutare le molteplici sfaccettature di questo disordine e le risposte emotive, cognitive e comportamentali che colui che balbetta manifesta in relazione alle proprie difficoltà di eloquio. Attualmente il BAB è l’unica batteria di autovalutazione, con dati normativi per la popolazione italiana (bambini e adolescenti di età compresa tra i 6 e i 16 anni), in grado di fornire al clinico un valido aiuto nella messa a punto di un percorso di terapia individualizzato.

Per  quanto  concerne  il  trattamento,  tra  i  vari  modelli  integrati  è  presente  il  MIDA-SP (Multidimensional, Integrated, Differentiated, Art-mediated-Stuttering Program), un programma riabilitativo multidimensionale individualizzato che integra la terapia tradizionale alle attività arti-mediate. L’intervento si focalizza sui vari step del programma MIDA-SP per la presa in carico della persona che balbetta nelle varie fasce di età.

 

Relatori: Simona Bernardini , Donatella Tomaiuoli

Simona

Bernardini

Donatella

Tomaiuoli

Chi ha paura della LIS?

Sul tema delle lingue dei segni sono state espresse opinioni discordanti che suscitano dibattiti a volte accesi. Indipendentemente dall’età in cui apprende una lingua dei segni, la maggior parte delle persone sorde vive in una condizione di bilinguismo e utilizza con maggiore o minore competenza almeno due lingue: la lingua scritta e parlata dell’area geografica in cui abita e la lingua dei segni utilizzata dalla comunità dei sordi in quello stesso Paese. L’atteggiamento contrario all’uso della lingua dei segni italiana (LIS), diffuso in molti contesti medici, educativi e riabilitativi, viene spesso trasmesso alle famiglie con bambini sordi, che temono che la LIS possa ritardare o precludere l’integrazione e renda i sordi «diversi». Al contrario, i sordi «bilingui» che conoscono e utilizzano sia la LIS sia l’italiano la ritengono fondamentale per la loro crescita culturale e sociale, e richiedono il suo riconoscimento sul piano istituzionale, al pari di altre lingue minoritarie, per garantire loro una piena accessibilità come cittadini. Dopo un primo intervento di Virginia Volterra che illustrerà alcune caratteristiche linguistiche rilevanti della LIS, due docenti di lingua dei segni del gruppo SILIS condurranno una esercitazione pratica in cui saranno attivamente coinvolti i partecipanti al workshop.Terminata l’esercitazione, la Volterra illustrerà aspetti importanti dell’acquisizione della LIS mostrando come la lingua dei segni possa essere utile non solo per bambini sordi (protesizzati e/o impiantati) ma anche per bambini udenti con sviluppo tipico o atipico. Fornirà informazioni su recenti esperienze cliniche condotte in questo ambito in Italia e fornirà indicazioni pratiche sui materiali esistenti per favorire l’utilizzo della LIS. 

Relatori: Virginia Volterra

Virginia

Volterra

L’apprendimento nel bambino in situazione di multiculturalità

L’apprendimento della letto-scrittura per i bambini in situazione di multiculturalità presenti nella scuola italiana rappresenta una difficoltà «variabile», molto dipendente dalle caratteristiche della lingua di origine più ancora che dalla proprietà di linguaggio orale. Questa considerazione è condivisa: empiricamente gli insegnanti sanno bene che nell’apprendimento dell’italiano provenire da una madrelingua di tipo neolatino è facilitante rispetto a una lingua asiatica di tipo tonico, ma ancora non disponiamo di test validati che confermino queste supposizioni. A sostegno di questa ipotesi vengono illustrati i primi risultati di una ricerca condotta con i bambini della classe seconda di una intera provincia, dove il livello di apprendimento ortografico e di comprensione del testo sono stati confrontati non solo tra alunni italiani e stranieri, ma anche per gruppi linguistici omogenei. I dati ricavati potranno condurre sia a un approccio scolastico più adeguato, sia a considerazioni di tipo clinico.

Relatori: Graziella Tarter

Graziella

Tarter

Processi cognitivi e linguistici coinvolti nella comprensione verbale e buone prassi per l’identificazione e il trattamento precoce delle difficoltà

Il valore del linguaggio in generale, e della comprensione verbale in particolare, è sottolineato da diversi autori. Dal punto di vista evolutivo, è universalmente riconosciuto come nello sviluppo fisiologico la comprensione di un costrutto linguistico preceda sempre e comunque la sua produzione, tanto che dal punto di vista clinico la comprensione è considerata uno degli indici predittivi più attendibili.

Alla luce di queste riflessioni, il workshop intende approfondire cosa accade quando, pur in presenza di un adeguato livello intellettivo non verbale, il processo di comprensione non funziona in modo adeguato, e quali sono le possibili strategie di identificazione precoce di tali difficoltà.

Saranno perciò analizzati alcuni dei macro e microprocessi linguistici coinvolti, nonché le principali funzioni attentivo-esecutive e mnestiche che la letteratura recente ha evidenziato come deboli nei soggetti con deficit nell’elaborazione di materiale verbale. Particolare attenzione sarà prestata, inoltre, all’analisi del valore predittivo della comprensione orale sull’apprendimento in generale, e scolastico in particolare, soprattutto in una realtà come quella italiana in cui la conoscenza è veicolata per lo più attraverso la verbalità, orale e scritta.

 

Relatori: Cristina Foglia , Barbara Carretti

Cristina

Foglia

Barbara

Carretti

Logopedisti in Europa: uniti nella diversità

Relatori: Anna Giulia De Cagno , Raffaella Citro

Anna Giulia

De Cagno

Raffaella

Citro

Le tipologie di intervento riabilitativo in età evolutiva

Relatori: Luigi Marotta

Luigi

Marotta

L’efficacia del trattamento riabilitativo

Relatori: Patrizio Pasqualetti

Patrizio

Pasqualetti

Come, quando e perchè si chiude un intervento riabilitativo

Relatori: Maria Romani

Maria

Romani