Relatore/Relatrice


Roberto Keller

Responsabile Centro Pilota regione Piemonte Disturbi spettro autistico in età adulta

Medico, specialista in psichiatria, neuropsichiatria infantile, psicoterapeuta, dirigente medico presso il DSM ASL Città di Torino, docente a contratto presso la Scuola di specializzazione in psicologia clinica, Dipartimento di Psicologia-Università di Torino.

Consigliere regionale Società Italiana di Psichiatria, socio SIDIN, è autore di un centinaio di pubblicazioni a livello nazionale e internazionale, è curatore del libro I Disturbi dello spettro autistico in adolescenza e età adulta. Aspetti diagnostici e proposte di intervento. Edizioni Erickson Trento 2016, e all’interno dello stesso volume autore/coautore di diversi capitoli.

Attività


Comportamenti stereotipati, autolesionismo e aggressività nei disturbi dello spettro autistico: decodificare il comportamento, misurare l'andamento e proporre risposte adeguate

AMBITO CLINICO

 

Potenzialità e limiti dell'intervento farmacologico nella gestione dei comportamenti aggressivi e disadattivi

Roberto Keller (Responsabile Centro Pilota regione Piemonte Disturbi spettro autistico in età adulta)

Il presentarsi di comportamenti aggressivi da parte di persone con disturbi dello spettro autistico, in particolare se associati a disabilità intellettiva, richiede in primis la decodifica del comportamento disadattivo; questi, infatti, possono esprimere diversi significati (es. espressione di disagio organico, o psicologico o difficoltà comunicativa, ecc.) a cui è necessario dare una lettura clinica adeguata, prima della somministrazione di un farmaco. Durante l’intervento, si analizzeranno le potenzialità e i limiti del trattamento farmacologico utilizzato per migliorare gli aspetti comportamentali (uso di antipsicotici, stabilizzatori, benzodiazepine, ecc.), con particolare attenzione agli effetti collaterali e alle risposte paradossali, partendo da una lettura clinica del fenomeno. 

 

L’analisi funzionale applicata alla riduzione comportamentale

Elena Clò (Analista del comportamento BCBA, Presidente Associazione Pane e Cioccolata, Bologna)

L’analisi funzionale è lo standard per l’impostazione di qualsiasi intervento di riduzione comportamentale basato sulla scienza dell’analisi comportamentale applicata (ABA). Durante la relazione verranno esaminati i più recenti sviluppi e modelli di analisi funzionale sperimentale con i loro campi di applicazione clinica alla luce delle indicazioni del codice etico degli analisti del comportamento e del sistema di credenziali nell’offerta di servizi analitico-comportamentali.

 

Il comportamento autolesionistico: aspetti eziologici e spunti per il trattamento

Roberto Cavagnola (Psicologo e psicoterapeuta, Fondazione Sospiro Onlus e AMICO-DI- Associazione Modello di Intervento Contestualistico sulle Disabilità Intellettive e dello Sviluppo Onlus)

Il disturbo autolesionistico rappresenta uno dei più drammatici e diffusi comportamenti problema nell’ambito delle disabilità intellettive e dell’autismo. Il Self Injuriuous Behavior (SIB) è una problematica trans-diagnostica e, specificatamente, non è patognomonica di alcun quadro specifico. Quasi certamente il termine SIB inscrive fenomeni eziologicamente tra loro molto diversi e la stessa classificazione e descrizione operata all’interno del DSM 5 e dell’ICD 10 è, per molti aspetti, insoddisfacente. Il contributo intende aprire ad un’interpretazione maggiormente funzionale del SIB in grado di gettare alcune luci sui possibili interventi all’interno di un quadro che, a tutt’oggi, si configura come un complicato puzzle scientifico a cui, certamente, mancano alcuni tasselli.

 

L’autolesionismo su base ansiosa

Francesco Ettore Fioriti (Dirigente psicoeducativo Dipartimento Disabili, Fondazione Sospiro Onlus e membro Consiglio Direttivo SIACSA - Società Italiana Analisti del Comportamento in campo Sperimentale e Applicato)

L’autolesionismo è un disturbo del comportamento trans-sindromico in quanto non specifico di alcun raggruppamento nosologico. Gli attuali sistemi di classificazione e diagnosi (DSM, ICD10), inquadrano tali comportamenti all’interno dei “disturbi da movimento stereotipato” producendo quindi accorpamenti che vedono il Self Injuriuous Behavior (SIB) giustapposto alle normali stereotipie. Un recente lavoro di classificazione su base funzionale del SIB (Hagopian 2015) individua, oltre ai SIB mediati socialmente, tre diversi tipi di SIB non mediati socialmente. Il SIB di terzo tipo della classificazione di Hagopian, un SIB che si accompagna stabilmente a forme di tipo autorestrittivo, rappresenta ad oggi un SIB a prognosi infausta e ad eziologia ancora parzialmente ignota. Il presente contributo si muoverà all’interno di questa tipologia di SIB cercando di indagare il ruolo assunto dall’ansia quale fattore antecedente covert e, nel contempo, si individueranno alcune ipotesi di trattamento in linea con gli studi effettuati sul tema da C. Oliver (2011) basati sul principio del transfer della funzione stimolo.

 

Relatori: Roberto Keller , Francesco Ettore Fioriti , Roberto Cavagnola , Elena Clò

Roberto

Keller

Francesco Ettore

Fioriti

Roberto

Cavagnola

Elena

Clò

Autismo e comorbidità

AMBITO CLINICO

Per un approccio “longlife” alla comorbidità nei disturbi dello spettro autistico 

Franco Nardocci (Neuropsichiatra infantile, Psichiatra, Past President SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza)

Lo sviluppo degli interventi per i disturbi autistici in età infantile e la diffusione di quelli per i soggetti adulti, seppure ancora lenta e difficoltosa, pone l’esigenza di un approccio più competente alle varie e frequenti espressioni di comorbidità che i soggetti con autismo possono manifestare. Risulterà essenziale il coinvolgimento dei Dipartimenti di Salute Mentale e il loro raccordo con i Servizi di Neuropsichiatria infantile.

 

I rapporti tra psicosi e autismo: differenze e continuità

Roberto Keller (Responsabile Centro Pilota regione Piemonte Disturbi spettro autistico in età adulta)

Nella loro definizione del termine "autismo", Kanner e Asperger si richiamarono a quanto descritto da Bleuler in un contesto completamente diverso, ovvero, quello della schizofrenia. Anche se inizialmente schizofrenia infantile e autismo sono stati sovrapposti, e anche confusi, è poi intervenuta una chiara distinzione tra le due condizioni, quella dei disturbi dello spettro autistico da un lato, e quella delle psicosi dall'altro, con necessità di interventi specifici e differenti. Le possibili basi biologiche a ponte fra le due condizioni non devono infatti portare a presupporre che gli interventi siano sovrapponibili o intercambiabili. 

 

Affrontare le componenti di iperattività, ritualità, compulsività, esplosività, nell’intervento con persone nello spettro dell’autismo

Marco de Caris (Presidente Cooperativa E.C.A.P. e Nuovi Orizzonti Scientifici, Roma)

Le persone all'interno dello spettro dell'autismo presentano una serie di caratteristiche estremamente peculiari. Alcune di queste caratteristiche (memoria, competenze visuo-spaziali, precisione, ecc.) possono facilitare l’apprendimento, mentre altre (iperattività, rituali, variabilità dell’umore, difficoltà di empatia, ecc.) rischiano di ostacolare l'acquisizione di quelle competenze necessarie per il raggiungimento dell’autonomia e di una soddisfacente qualità della vita. L’intervento si propone di analizzare situazioni di difficoltà legate a comportamenti iperattivi, ritualistici, esplosivi, ecc., descrivendo alcune strategie psicologiche ed educative funzionali alla riduzione di tali comportamenti a vantaggio di un incremento dell’attenzione e della flessibilità.

 

“Il limite contiene infinite possibilità”: dall’errore terminologico alle opportunità di intervento in età adulta

Francesca Magnano (Responsabile Sanitario CTA "Centro San Paolo", Militello in Val di Catania)

Se è vero che utilizzare il termine “comorbidità” quando si parla di spettro autistico è confusivo, è altresì vero che il sospetto di tale cosiddetta “comorbidità” può costituire la ragione per la quale persone all’interno dello spettro autistico giungano all’osservazione degli esperti, per la prima volta, solo in età adulta. La conoscenza precisa del funzionamento autistico, pone il clinico nella condizione di diagnosticarlo correttamente e di pianificare interventi appropriati per l’individuo e per la sua famiglia. L’intervento clinico longitudinale fornisce gli strumenti tecnici utili al corretto inquadramento del soggetto al primo accesso ai servizi in età adulta, riducendo il rischio di “misdiagnosi” e di delineare le differenze delle manifestazioni psicopatologiche dei più comuni disturbi psichiatrici.

 

Relatori: Roberto Keller , Francesca Magnano San Lio , Franco Nardocci , Marco de Caris

Roberto

Keller

Francesca

Magnano San Lio

Franco

Nardocci

Marco

de Caris