Comportamenti stereotipati, autolesionismo e aggressività nei disturbi dello spettro autistico: decodificare il comportamento, misurare l'andamento e proporre risposte adeguate
AMBITO CLINICO
Potenzialità e limiti dell'intervento farmacologico nella gestione dei comportamenti aggressivi e disadattivi
Roberto Keller (Responsabile Centro Pilota regione Piemonte Disturbi spettro autistico in età adulta)
Il presentarsi di comportamenti aggressivi da parte di persone con disturbi dello spettro autistico, in particolare se associati a disabilità intellettiva, richiede in primis la decodifica del comportamento disadattivo; questi, infatti, possono esprimere diversi significati (es. espressione di disagio organico, o psicologico o difficoltà comunicativa, ecc.) a cui è necessario dare una lettura clinica adeguata, prima della somministrazione di un farmaco. Durante l’intervento, si analizzeranno le potenzialità e i limiti del trattamento farmacologico utilizzato per migliorare gli aspetti comportamentali (uso di antipsicotici, stabilizzatori, benzodiazepine, ecc.), con particolare attenzione agli effetti collaterali e alle risposte paradossali, partendo da una lettura clinica del fenomeno.
L’analisi funzionale applicata alla riduzione comportamentale
Elena Clò (Analista del comportamento BCBA, Presidente Associazione Pane e Cioccolata, Bologna)
L’analisi funzionale è lo standard per l’impostazione di qualsiasi intervento di riduzione comportamentale basato sulla scienza dell’analisi comportamentale applicata (ABA). Durante la relazione verranno esaminati i più recenti sviluppi e modelli di analisi funzionale sperimentale con i loro campi di applicazione clinica alla luce delle indicazioni del codice etico degli analisti del comportamento e del sistema di credenziali nell’offerta di servizi analitico-comportamentali.
Il comportamento autolesionistico: aspetti eziologici e spunti per il trattamento
Roberto Cavagnola (Psicologo e psicoterapeuta, Fondazione Sospiro Onlus e AMICO-DI- Associazione Modello di Intervento Contestualistico sulle Disabilità Intellettive e dello Sviluppo Onlus)
Il disturbo autolesionistico rappresenta uno dei più drammatici e diffusi comportamenti problema nell’ambito delle disabilità intellettive e dell’autismo. Il Self Injuriuous Behavior (SIB) è una problematica trans-diagnostica e, specificatamente, non è patognomonica di alcun quadro specifico. Quasi certamente il termine SIB inscrive fenomeni eziologicamente tra loro molto diversi e la stessa classificazione e descrizione operata all’interno del DSM 5 e dell’ICD 10 è, per molti aspetti, insoddisfacente. Il contributo intende aprire ad un’interpretazione maggiormente funzionale del SIB in grado di gettare alcune luci sui possibili interventi all’interno di un quadro che, a tutt’oggi, si configura come un complicato puzzle scientifico a cui, certamente, mancano alcuni tasselli.
L’autolesionismo su base ansiosa
Francesco Ettore Fioriti (Dirigente psicoeducativo Dipartimento Disabili, Fondazione Sospiro Onlus e membro Consiglio Direttivo SIACSA - Società Italiana Analisti del Comportamento in campo Sperimentale e Applicato)
L’autolesionismo è un disturbo del comportamento trans-sindromico in quanto non specifico di alcun raggruppamento nosologico. Gli attuali sistemi di classificazione e diagnosi (DSM, ICD10), inquadrano tali comportamenti all’interno dei “disturbi da movimento stereotipato” producendo quindi accorpamenti che vedono il Self Injuriuous Behavior (SIB) giustapposto alle normali stereotipie. Un recente lavoro di classificazione su base funzionale del SIB (Hagopian 2015) individua, oltre ai SIB mediati socialmente, tre diversi tipi di SIB non mediati socialmente. Il SIB di terzo tipo della classificazione di Hagopian, un SIB che si accompagna stabilmente a forme di tipo autorestrittivo, rappresenta ad oggi un SIB a prognosi infausta e ad eziologia ancora parzialmente ignota. Il presente contributo si muoverà all’interno di questa tipologia di SIB cercando di indagare il ruolo assunto dall’ansia quale fattore antecedente covert e, nel contempo, si individueranno alcune ipotesi di trattamento in linea con gli studi effettuati sul tema da C. Oliver (2011) basati sul principio del transfer della funzione stimolo.
Relatori:
Roberto Keller
, Francesco Ettore Fioriti
, Roberto Cavagnola
, Elena Clò