Relatore/Relatrice


Attività


Le basi per un lavoro sociale anti-oppressivo nella tutela dei minori: uno sguardo relazionale

Relatori: Maria Luisa Raineri

Maria Luisa

Raineri

Il coraggio delle cicatrici. La speranza di un riscatto sociale ed educativo

Relatori: Maria Luisa Iavarone

Maria Luisa

Iavarone

Operatori sociali che ascoltano, comunicano e rispondono ai bambini

Relatori: Valentina Calcaterra , Karen Winter

Valentina

Calcaterra

Karen

Winter

Maltrattamento e abuso su minori: come collaborare per una rilevazione e un intervento efficace?

 

Introduce e coordina:

Laura Pulici (Centro Studi Erickson)

 

Qual è la specificità dei pediatri nella prevenzione e nel riconoscimento del maltrattamento e dell'abuso?

Giovanni Francesco Visci (Specialista in Pediatria e in Neuropsichiatria Infantile, Presidente CISMAI)

 

La trasmissione intergenerazionale dei comportamenti violenti. Come avviene e quali sono le sue conseguenze? 

       Roberta Luberti (Medico, Psicoterapeuta EMDR, psicotraumatologa CENTRO EXEDRA per la cura della persona, le coppie e le famiglie)

 

Qual è il ruolo dei servizi di tutela e come favorire la collaborazione con gli altri servizi nel riconoscimento e nell'intervento in situazioni di maltrattamento e abuso?

              Daniela Malvestiti (Università Cattolica di Milano)

 

Relatori: Daniela Malvestiti , Laura Pulici , Roberta Luberti , Giovanni Francesco Visci

Daniela

Malvestiti

Laura

Pulici

Roberta

Luberti

Giovanni Francesco

Visci

Non solo il minore al centro: come lavorare con le famiglie di origine nell'interesse di bambini e ragazzi?

 

Introduce e coordina:

Maria Chiara Pedroni (Centro Studi Erickson)

 

Cosa si può fare per sostenere le famiglie e prevenire l'allontanamento dei minori?

Paola Milani (Università di Padova e Friburgo)

 

Come lavorare con le famiglie di origine quando il minore è in affido o in comunità?

Valentina Calcaterra (Università Cattolica di Milano)

 

Da dove partire per costruire il rientro in famiglia del minore?

Gloriana Rangone (Responsabile servizio clinico del Centro di Terapia dell'Adolescenza CTA)

 

Relatori: Paola Milani , Valentina Calcaterra , Gloriana Rangone , Maria Chiara Pedroni

Paola

Milani

Valentina

Calcaterra

Gloriana

Rangone

Maria Chiara

Pedroni

Adescamento online, pedopornografia, cyberbullismo: come tutelare bambini e ragazzi?

 

Introduce e coordina:

Martina Sala (Università Cattolica di Milano)

 

Adescamento di minori online: quali sono gli strumenti normativi per contrastare e prevenire i possibili reati in materia sessuale e di pedopornografia?

             Natalina Folla (Università di Trieste)

 

Cosa si può fare quando i minori sono vittime di reati online (cyberbullismo, adescamento, …)? Cosa possono fare i Servizi e le famiglie e a chi possono rivolgersi?

Marco Valerio Cervellini (Commissario Polizia Postale e delle Comunicazioni)

 

Quali strumenti educativi hanno a disposizione educatori, insegnanti e altri professionisti per sostenere e accompagnare i ragazzi nell’uso consapevole di internet e dei social media?

             Mauro Cristoforetti (Cooperativa E.D.I. Onlus e Referente scuole per Generazioni Connesse)

 

Relatori: Martina Sala , Natalina Folla , Mauro Cristoforetti , Marco Valerio Cervellini

Martina

Sala

Natalina

Folla

Mauro

Cristoforetti

Marco Valerio

Cervellini

Palestra di scrittura professionale anti-oppressiva

 

Il modo in cui scriviamo come operatori non è questione marginale: la scrittura ha infatti il potere di costruire una rappresentazione della realtà che incide sulla vita delle persone.

Se le parole hanno questo potere, essere consapevoli del modo in cui costruiamo e attribuiamo significati ai fatti e alle situazioni dovrebbe quindi essere un elemento imprescindibile della nostra professionalità. Partendo dall’analisi di una relazione, il laboratorio aiuterà i partecipanti a sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto alla scrittura professionale. Si prospetteranno inoltre modalità diverse di costruire relazioni scritte che promuovano anche un cambiamento nel nostro modo di pensare e di guardare alle persone coinvolte negli interventi.

 

Relatori: Maria Turati

Maria

Turati

Da problema a opportunità: la gestione costruttiva dei conflitti all’interno dell’équipe

 

All’interno di qualsiasi organizzazione, gruppo di lavoro, équipe di professionisti, la nascita di conflitti tra colleghi è un evento ineludibile con cui ci si deve confrontare. Il conflitto di per se stesso non ha una valenza negativa o positiva, il conflitto è semplicemente una divergenza, è il saperlo o non saperlo governare che genera ricadute positive o negative sulla motivazione, sul clima, sulle relazioni personali e professionali e quindi sulle performance e sulla capacità innovativa e competitiva di una organizzazione.  La tendenza è quella di connotare il conflitto sempre negativamente, e quindi di evitarlo, cadendo spesso nell’errore di ignorarlo. Viceversa, laddove una gestione positiva del conflitto è parte della cultura di un ambiente professionale, il momento di confronto viene vissuto come espressione di diversità e quindi come opportunità di crescita personale e professionale e di ricchezza organizzativa. In un contesto sociale/professionale sempre più dinamico, in cui innovazione e miglioramento continuo sono la chiave di successo, il sapersi confrontare, il generare idee diverse e affrontare costruttivamente il conflitto quale divergenza diventa fondamentale, stimola e consolida il saper collaborare in una logica win-win!

Il conflitto (in quanto divergenza) se ben gestito è una risorsa.

L’obiettivo del laboratorio è stimolare la consapevolezza rispetto:

  • alla dinamica del conflitto e alle sue ricadute organizzative e relazionali;
  • alle diverse tipologie di conflitto all’interno di un team di lavoro;
  • alle possibili ricadute negative/positive per una ri-elaborazione del conflitto quale opportunità;
  • al proprio modo di gestire e vivere le situazioni conflittuali per potenziane la capacità di “governo”.

 

Relatori: Alberto Camuri

Alberto

Camuri

La guerra in casa: la tutela dei minori nelle situazioni di separazioni conflittuali e violenza

 

“…e loro credevano che io non sentissi”. Bambini e adolescenti testimoni di violenza

Gloriana Rangone (Responsabile servizio clinico del Centro di Terapia dell'Adolescenza – CTA)

Assistere alla violenza si configura come una vera e propria forma di maltrattamento e implica conseguenze sia a breve sia a lungo termine sul piano emotivo, relazionale e cognitivo. Prevenire, rilevare, intervenire in modo efficace sono i compiti che spettano agli operatori, che possono interfacciarsi con questo fenomeno all’interno di molteplici contesti lavorativi pubblici e privati.

 

È guerra aperta ma ad armi impari 

Laura Pomicino (Psicologa e psicoterapeuta, Università di Trieste)

Separarsi rappresenta un momento di frattura fra un prima e un dopo, che implica una necessaria fase di transizione. Quando è presente una storia di violenza all’interno della coppia, è imprescindibile operare dei distinguo rispetto a una pur complessa conflittualità. Il rischio, altrimenti, è di acuire ancor di più i danni già sofferti da bambine/i e adolescenti coinvolti, se si esita o se non si mette in atto un’adeguata tutela nei loro confronti.

 

La sfida del dialogo: operatori sociali e avvocati di fronte alla complessità delle relazioni familiari

Simona Ardesi (Avvocato e Università Cattolica di Brescia)

Spesso avvocati e operatori sociali si trovano “sulla stessa scena” ad intervenire in situazioni di elevata conflittualità familiare o peggio di violenza. Ma avvocati e servizi sociali posso parlarsi? E possono capirsi? Quali sono i reciproci pregiudizi? È possibile costruire uno spazio di incontro? Come le rispettive norme deontologiche possono consentire l'individuazione di punti di contatto? A partire da questi interrogativi si intende indagare vincoli e opportunità del rapporto tra due professioni diverse che tuttavia condividono l'aspirazione di assolvere ad una funzione sociale.

 

Relatori: Gloriana Rangone , Laura Pomicino , Simona Ardesi , Daniela Malvestiti

Gloriana

Rangone

Laura

Pomicino

Simona

Ardesi

Daniela

Malvestiti

Family Group Conferences, Gruppi di Auto/mutuo aiuto, Dialoghi sul futuro: approcci innovativi per promuovere la partecipazione delle famiglie

 

Favorire la partecipazione dei genitori nel contesto della tutela minorile costituisce, al contempo, un dovere professionale e un obiettivo cui tendere, per questo è importante poter disporre di strumenti professionali che aiutino gli operatori a raccogliere e valorizzare il punto di vista delle famiglie. Il modello delle Family Group Conferences, i Gruppi di Auto/mutuo aiuto e i Dialoghi sul futuro si caratterizzano per l’approccio altamente partecipativo, che pone al centro dei processi decisionali le relazioni familiari e di prossimità. Il primo strumento fornisce un percorso strutturato, che conduce i bambini, i ragazzi e le loro famiglie ad una presa di decisione condivisa, il secondo, invece, si configura come un’opportunità di accompagnamento maggiormente aperta, che può sostenere le persone e le famiglie lungo tutto il processo di aiuto. Il terzo è una tecnica che, partendo dal positivo, lancia la riflessione verso un futuro migliore, coinvolgendo ogni diretto interessato nella costruzione di un piano condiviso, sostenibile, concreto. All’interno del simposio, si discuterà sul tema del coinvolgimento delle famiglie nei percorsi di tutela e di come Family Group Conferences, Gruppi di Auto/mutuo aiuto e Dialoghi sul futuro possano costituire modalità di lavoro efficaci per definire una progettazione il più possibile partecipata.

 

Relatori: Francesca Corradini , Camilla Landi , Francesca Maci

Francesca

Corradini

Camilla

Landi

Francesca

Maci

Quando l’attaccamento fallisce nella cura. Sostenere le madri in contesti di deprivazione socioeconomica e affettiva attraverso interventi di sostegno alla genitorialità positiva

 

La sensibilità del caregiver, ossia la capacità di cogliere i segnali di comunicazione dei bisogni infantili e rispondere in modo appropriato, è riconosciuta come uno degli elementi fondativi dello sviluppo psicologicamente sano dei bambini. Alcune condizioni di crescita, come quelle presenti in contesti di istituzionalizzazione oppure in contesti di povertà tipici dei paesi in via di sviluppo, costituiscono condizioni che non consentono di coltivare e condividere adeguatamente comportamenti sensibili da parte dei caregiver, con conseguenti difficoltà di sviluppo nei bambini.

Gli interventi di sostegno alla genitorialità positiva si distinguono per avere come obiettivo quello di svelare e sostenere nei caregiver le proprie risorse emotive e sociali, contribuendo in tal modo a un naturale incremento dei comportamenti sensibili e allo sviluppo di bambini emotivamente e socialmente più adeguati.

La presentazione introduce uno dei più accreditati interventi in questo ambito – il Video-feedback Intervention  to Promote Positive Parenting and Sensitive Discipline-VIPP-SD, e ne illustra l’applicazione e i risultati ottenuti in due contesti salienti: l’arrivo e l’adattamento dei bambini con precedenti esperienze di istituzionalizzazione all’interno della famiglia adottiva, e famiglie in condizioni di relativo isolamento sociale e a basso reddito in una delle regioni della Colombia con  maggiori problematiche di salute alimentare.

 

Relatori: Lavinia Barone , Nicola Carone

Lavinia

Barone

Nicola

Carone

Operatori sociali che ascoltano, comunicano e rispondono ai bambini

 

Ascoltare e parlare con i bambini e i ragazzi nell’ambito della tutela minorile è un dovere normativo ed etico oltre che un’azione necessaria per definire progetti che rispondano ai bisogni dei più piccoli e che possano essere efficaci e vissuti come buoni anche dal loro punto di vista. Tuttavia, parlare con i bambini e i ragazzi non è sempre semplice, richiede capacità riflessive, abilità comunicative e consapevolezza metodologica, così come la disponibilità a riconoscere ed entrare in contatto con le proprie emozioni. Il simposio proporrà una riflessione sulle responsabilità degli operatori sociali, che a vario titolo incontrano bambini e ragazzi, nel creare spazi dialogici autentici in cui adulti e bambini possano comprendersi e costruire partnership a tutela del benessere dei più piccoli. Si presenteranno, inoltre, gli esiti delle più recenti sperimentazioni del lavoro del portavoce professionale indipendente nell’aiutare i bambini e i ragazzi a parlare con gli adulti responsabili della loro tutela.

 

Relatori: Valentina Calcaterra , Karen Winter

Valentina

Calcaterra

Karen

Winter

Collaborazione tra scuola e servizi: buone prassi e orizzonti comuni

 

La scuola è un luogo in cui bambini e ragazzi trascorrono molte ore della propria giornata e accade spesso che proprio in tale contesto portino e manifestino un disagio legato al contesto familiare e sociale, esprimendo la loro sofferenza attraverso diversi segnali fisici e soprattutto comportamentali.

La scuola, dunque, rappresenta un osservatorio privilegiato dove gli insegnanti hanno modo di incontrare quotidianamente i propri alunni e di cogliere e accogliere questi segnali. In una complessità crescente, docenti e dirigenti scolastici si trovano spesso a contatto con situazioni che destano allarme e preoccupazione. In questi casi può non essere semplice capire come agire efficacemente nell'interesse del bambino o del ragazzo in questione e queste preoccupazioni rischiano di scoraggiare un intervento che invece potrebbe essere cruciale. Affinché si possa agire tempestivamente e allo stesso tempo in modo delicato e rispettoso per tutti gli attori coinvolti, risulta fondamentale una collaborazione efficace coi servizi sociali. Il simposio ha l’obiettivo di ragionare sulle opportunità di una buona collaborazione tra scuola e servizi, nonché sulle possibili criticità che possono sorgere nel rapporto tra questi due mondi in apparenza così distanti per linguaggio, obiettivi, modalità operative e pratiche professionali. Verranno portati esempi di buone prassi e presentate ricerche-azioni realizzate nel contesto nazionale con l’intento di fornire indicazioni teoriche e pratiche affinché scuola e servizi possano lavorare in un’ottica di permeabilità reciproca per costruire percorsi d’aiuto realmente efficaci.

 

Relatori: Daniela Paci , Chiara Panciroli

Daniela

Paci

Chiara

Panciroli

Povertà minorile e educativa: azioni condivise per prevenire situazioni a rischio

 

I can if I care. Responsabilità educativa e modelli predittivi del rischio nella devianza dei minori

Maria Luisa Iavarone (Progetto ARTUR)

I can if I care costituisce un “approccio guida”, una sorta di paradigma di riferimento per una nuova etica della responsabilità educativa per la cura. È possibile pensare ad azioni di prevenzione educativa se ci si riappropria del significato autentico della cura, che è sempre azione responsabile verso se stessi, verso la comunità e verso l’ambiente. Solo se si ha cura dell’altro, rivolgendo, ad esempio, particolare attenzione alle disuguaglianze, alle marginalità sociali, al degrado materiale ed ambientale, alle nuove e vecchie povertà educative, è possibile rendere concreto un modello di “pedagogia civile” come quello promosso dall’associazione A.R.T.U.R. (Adulti Responsabili per un Territorio Unito contro il Rischio). In particolare, si affronterà il tema dell’intervento educativo preventivo attraverso quattro fondamentali azioni di infrastrutturazione sociale per Contrastare il disagio, Curare il benessere, Corresponsabilizzare gli attori sociali e Condividere spazi e azioni per una progettualità mirata che tenga particolarmente conto dei “predittori precoci del rischio”.

 

Contrastare l’impatto sulla povertà educativa dell’emergenza Covid-19. L’esperienza dei “Patti educativi di comunità”

Raffaela Milano (Direttrice Programmi Italia-EU Save the Children Italia)

La pandemia ha accentuato le diseguaglianze educative che colpiscono i bambini, le bambine e gli adolescenti. Bambini oggi al centro di una doppia crisi, con l’impoverimento delle loro famiglie e i danni prodotti dal blackout educativo, non solo sull’apprendimento (learning loss) ma sulla stessa motivazione allo studio. È necessario intervenire - a partire dall’analisi puntuale dell’impatto dell’emergenza sul diritto all’educazione - con azioni immediate e di lungo periodo. In questo contesto, è utile approfondire lo strumento dei Patti educativi di comunità, introdotto dal Ministero dell’Istruzione nel giugno 2020 per dare la possibilità a scuole, enti locali, soggetti pubblici, privati e del terzo settore di sottoscrivere specifici accordi, rafforzando l’alleanza tra la scuola e la “comunità educante” nel suo insieme. Tra gli obiettivi principali del Patto di comunità c’è il contrasto alla povertà educativa attraverso un approccio partecipativo e una strategia integrata tra scuola e territorio. Come stanno funzionando questi Patti, nella pratica? Quali caratteristiche distintive deve avere un buon “Patto educativo di comunità”, non solo per affrontare l’emergenza ma anche per guardare oltre la crisi, verso una scuola diversa e migliore?  

 

Investire nell’infanzia. Ragioni e proposte per l’ampliamento e il rafforzamento dei servizi educativi per i bambini in età 0-6 anni

Emmanuele Pavolini (Università di Macerata e Network ESPN della Commissione Europea)

Un’ampia letteratura internazionale mostra che l’accesso ai servizi educativi e di istruzione di qualità fin dai primi anni di vita comporta ricadute positive su tre dimensioni: il benessere e le competenze dei bambini, con effetti di lungo periodo su tutto il percorso di crescita personale; il benessere delle loro famiglie, favorendo sia le scelte di fecondità per chi lavora, sia la partecipazione lavorativa per chi ha figli (attualmente bassa soprattutto per le donne), con ricadute positive di contenimento della povertà infantile; la coesione sociale e lo sviluppo economico delle comunità e dell’intera società, rafforzando le conoscenze e le competenze delle nuove generazioni, con conseguente riduzione di vulnerabilità (con associati costi sociali) e rafforzamento delle prospettive di occupazione (ovvero di contributo positivo alla crescita del Paese). Da questo punto di vista, la situazione italiana è particolarmente carente per quanto riguarda i servizi educativi per i bambini sotto i tre anni. Occorre, pertanto formulare un piano dettagliato di investimento nei servizi per l’infanzia in modo tale da garantire l’esigibilità del diritto di ogni bambina e bambino a beneficiare di percorsi educativi e di istruzione da zero a sei anni, al di là di dove si nasce e si cresce.

 

Relatori: Raffaella Milano , Maria Luisa Iavarone , Emmanuele Pavolini

Raffaella

Milano

Maria Luisa

Iavarone

Emmanuele

Pavolini

"Guide relazionali": indicazioni di metodo per coordinare l’équipe

 

I coordinatori svolgono una funzione cruciale per il buon funzionamento dei Servizi che si occupano di bambini/e, ragazzi/e e famiglie in difficoltà. Coordinare un’équipe di operatori psico-sociali significa affrontare quotidianamente sfide che si snodano tra questioni organizzative, metodologiche, tecniche e relazionali. Per accompagnare l’équipe nello svolgere il proprio operato, i coordinatori possono agire come «Guide Relazionali». A partire da questo concetto che discende dal metodo del Relational Social Work, il laboratorio presenterà alcune idee chiave a sostegno delle funzioni di coordinamento. Attraverso indicazioni di metodo ed esemplificazioni pratiche, il laboratorio si focalizzerà su come coordinatori e coordinatrici possono favorire la collaborazione interprofessionale, condurre efficacemente le riunioni di équipe, monitorare i carichi di lavoro, sostenere la riflessività e il benessere degli operatori. I partecipanti saranno stimolati nel condividere e lavorare sulle proprie esperienze.

 

Relatori: Elena Cabiati

Elena

Cabiati

Palestra di scrittura professionale anti-oppressiva

 

Il modo in cui scriviamo come operatori non è questione marginale: la scrittura ha infatti il potere di costruire una rappresentazione della realtà che incide sulla vita delle persone.

Se le parole hanno questo potere, essere consapevoli del modo in cui costruiamo e attribuiamo significati ai fatti e alle situazioni dovrebbe quindi essere un elemento imprescindibile della nostra professionalità. Partendo dall’analisi di una relazione, il laboratorio aiuterà i partecipanti a sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto alla scrittura professionale. Si prospetteranno inoltre modalità diverse di costruire relazioni scritte che promuovano anche un cambiamento nel nostro modo di pensare e di guardare alle persone coinvolte negli interventi.

 

Relatori: Maria Turati

Maria

Turati

Quando l'adozione è in crisi. Percorsi e interventi a sostegno di genitori e ragazzi

 

Per lungo tempo si è voluto credere che i bambini collocati in adozione e i bambini vittime di traumi fossero due gruppi estranei tra loro; oggi abbiamo invece raggiunto la consapevolezza che si tratta degli stessi bambini, osservati in differenti contesti. L’adozione comporta una perdita connotata dal rifiuto sia che il bambino sia stato lasciato dai propri genitori, sia che sia stato allontanato da loro su decisione dell’Autorità Giudiziaria; i bambini adottati possono sentirsi rifiutati dai genitori biologici e possono gestire il dolore emotivo di questa perdita con difese basate sulla dissociazione. L’integrazione del Sé è quindi un compito centrale per gli individui adottati: solo raggiungendo un sufficiente livello di coesione e integrazione, la persona adottata potrà raggiungere una nuova appartenenza, che si somma a quella precedente in una prospettiva di continuità dell’identità. L’adozione può essere un’esperienza nuova, generatrice di cambiamenti nell’organizzazione mentale del bambino, ma affinché possa assolvere a questa funzione è importante che sia sostenuta adeguatamente. Nel simposio saranno presentate le caratteristiche e la fenomenologia delle crisi adottive in cui è presente un disagio acuto a carico di un minore adottato o di altri membri della famiglia adottiva e verrà illustrato come prevenire le crisi adottive, come sostenere le adozioni difficili e come trattare le crisi conclamate. Il simposio sarà l’occasione per riflettere sulle crisi adottive non solo in termini di cause e conseguenze, ma soprattutto proponendo alcuni possibili interventi di sostegno per farvi fronte.

Partendo dalla testimonianza di un esperto per esperienza che ha vissuto e affrontato momenti difficili nel corso dell’adozione, seguirà un affondo sugli interventi realizzabili per fronteggiare le crisi che i componenti delle famiglie adottive possono attraversare; infine, il racconto di un laboratorio dedicato ai ragazzi adottati e ai loro genitori affinché possano essere valorizzate e narrate le loro storie, personali e familiari, che li hanno condotti ad essere una famiglia.

 

Relatori: Francesco Vadilonga , Laura Malacrida , Luigi Grigis

Francesco

Vadilonga

Laura

Malacrida

Luigi

Grigis

Preparare e prepararsi all’allontanamento

 

L’allontanamento di un bambino o ragazzo dalla propria famiglia è tra gli interventi più complessi che gli operatori sono chiamati a svolgere a tutela e protezione dei più piccoli. La complessità deriva, da un lato, dalla sofferenza che l’allontanamento può provocare nei bambini e nei loro familiari, dall’altro, dalla difficoltà per i professionisti di mettere in atto un intervento fortemente incisivo sulla vita delle persone con cui lavorano. A partire da studi empirici, linee guida nazionali ed esperienze sul campo, si presenteranno innovative chiavi di lettura utili a progettare il collocamento fuori famiglia, considerando i punti di vista delle persone coinvolte. Mettere a tema e condividere prassi professionali e accorgimenti metodologici per arrivare tutti preparati all’allontanamento è il primo passo per considerarlo non un punto di arrivo ma di ri-partenza, che metta al centro il benessere dei più piccoli in vista di una possibile riunificazione familiare.

 

Relatori: Camilla Landi , Lijana Gvaldaitė , Noemi Michilini

Camilla

Landi

Lijana

Gvaldaitė

Noemi

Michilini

Quando irrompe un reato… ma non bastava l’adolescenza? Come ci poniamo nei confronti di un minore autore di reato

 

Una sfida nella sfida: opportunità di incontro inattese

Laura Pinto (Università Cattolica di Milano e Università del Piemonte Orientale)

Gli adolescenti che commettono reato aggiungono, senza saperlo(?), alla sfida del crescere, la sfida di affrontare le conseguenze dei propri comportamenti non più solo in seno alla propria famiglia o alla propria “cerchia”, ma all’interno di un procedimento penale in cui incontrano operatori sociali, forze di polizia, magistrati…e dentro a situazioni formali e cruciali: colloqui, interrogatori, udienze, ecc.  Gli operatori sociali che li incontrano in questo delicato momento, affrontano la sfida di provare ad accompagnare i ragazzi e le persone che sono preoccupate per loro, verso l’affrontabilità del momento presente, scongiurando il rischio del facile etichettamento che spesso risponde alla paura. Quando il minore e la sua famiglia impattano con il processo penale minorile sono dunque determinanti gli incontri con le persone e con il loro modo di accompagnarli verso una possibile evoluzione positiva del procedimento di cui sono protagonisti e dentro al percorso di crescita che deve poter proseguire. 

 

Approcci, visioni, strumenti operativi 

Marta Lombardi (Sostituto Procuratore della Repubblica Tribunale dei Minori di Torino)

Quando un minore commette un reato, o è accusato di averlo commesso, cambia il nostro modo di porci nei suoi confronti, l’immagine che di lui abbiamo: tendiamo a vederlo attraverso quel fatto di reato, a considerarlo un delinquente e a delegarne la gestione alla Giustizia. Tutta la normativa interna e internazionale sui minori autori di reato, però, spinge in senso opposto. Essa invita sia a guardare all’intera persona del minore, senza fermarsi al reato, sia a saper dare riconoscimento alla costante evoluzione di tale persona, in transito dall’infanzia verso l’età adulta. Ciò per tutti i reati, per quanto gravi siano. Raccogliere questo invito porta a modificare l’azione quotidiana e gli strumenti operativi sia degli operatori della giustizia, sia in generale della società: insegnanti, educatori, assistenti sociali, operatori di polizia, operatori sanitari, magistratura stessa, avvocatura, ecc. Durante l’intervento vedremo concretamente come. 

 

Incamminarsi sulla via delle regole 

Claudia Mazzucato (Università Cattolica di Milano)

Nel contesto internazionale, per riferirsi ai giovani coinvolti in procedimenti penali si usa la locuzione “minorenni in conflitto con la legge”. Se il precetto normativo non è un comando o un’imposizione, bensì è indicazione di comportamento per vivere con gli altri (come dovrebbe essere in una democrazia), con la regola si entra necessariamente in una interlocuzione. E quest’ultima può essere un conflitto, un dialogo, una pacificazione. Nel conflitto del minore con la legge, anche la legge si apre alla relazione con il suo destinatario, essendo chiamata a comprenderlo (senza giustificarlo) e a favorirlo nel suo cammino futuro. Riconciliare il minorenne autore di reato con le regole, cioè con la vita insieme agli altri, è compito educativo di ogni adulto, dal genitore al giudice, dall’insegnante all’educatore: ma occorre che l’adulto si lasci coerentemente interrogare, prendendoli sul serio, sia dal gu​azzabuglio dell’adolescenza, sia dall’intimo senso della regola. 

 

Relatori: Laura Pinto , Claudia Mazzucato , Marta Lombardi

Laura

Pinto

Claudia

Mazzucato

Marta

Lombardi

La mediazione linguistico-culturale nei servizi e negli interventi

 

Comunicazione e barriere linguistiche: come favorire la collaborazione tra mediatori e operatori

Karina Scorzelli (Mediatrice culturale e Presidente Cooperativa Sociale Crinali)

Una buona comunicazione tra persone migranti e operatori italiani è la base per una buona relazione e quindi presa in carico.

Spesso i problemi di comunicazione creano dei fraintendimenti e quindi delle grosse incomprensioni. Alla base della comunicazione tra persone appartenenti a culture diverse ci sono le diverse rappresentazioni culturali. Dietro alla lingua, e quindi anche alla traduzione, non c'è solo il concetto ma la rappresentazione che ognuno di noi ha di quel concetto in base alla propria cultura.

L'intervento del mediatore linguistico culturale ha come obiettivo quello di creare un ponte comunicativo e culturale per rispondere a questa distanza, culturale e comunicativa, che si può creare.

Gli operatori, a loro volta, devono sviluppare delle competenze specifiche che li rendano consapevoli delle proprie modalità comunicative e relazionali, oltre alla conoscenza della figura del mediatore linguistico culturale, in modo che sia possibile costruire insieme delle modalità di comunicazione adeguate a costruire un campo relazionale efficace per la presa in carico delle persone migranti. 

 

La mediazione culturale in ambito sanitario: un lavoro di équipe

Kindi Taila (Medico ginecologo e Presidente Associazione Deade)

In ambito sanitario, quando vi sono barriere linguistico-culturali risulta necessario e fondamentale attivare un mediatore. Tale figura professionale, però, deve essere possibilmente formata. Innanzitutto, deve avere l'opportunità di conoscere le caratteristiche e le norme, scritte e non scritte, che governano il contesto sanitario nel quale presta servizio. In secondo luogo, è necessario chiarire fin dal primo incontro i ruoli professionali di ogni operatore presente e le regole che ognuno deve rispettare, come ad esempio il segreto professionale. Spesso, infatti, il mediatore è colui che «accompagna» l'utente nei vari servizi territoriali e a cui l'utente si affida e spesso confida.

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è il fatto che il personale sanitario non deve rinunciare al proprio ruolo attivo nella relazione con l’utente, delegando completamente la comunicazione al mediatore. Occorre infatti stabilire comunque un «contatto» con l'utente, assicurarsi di aver compreso appieno i suoi bisogni espressi e inespressi, verificare che il mediatore abbia interpretato e tradotto correttamente ciò che si intendeva comunicare.

Per garantire il diritto alla salute agli utenti che necessitano di mediazione, è fondamentale quindi la qualità della collaborazione fra i diversi attori coinvolti: le persone devono potersi sentire accolte, non solo dal mediatore, ma dall’intero servizio sanitario.

 

Relatori: Kindi Taila , Karina Scorzelli Vergara

Kindi

Taila

Karina

Scorzelli Vergara

Uso, abuso e dipendenza: percorsi di intervento e di cura con gli adolescenti

 

Consumi d’azzardo: vecchie droghe, nuove traiettorie d’uso

Sabrina Molinaro (Istituto di Fisiologia Clinica - CNR di Pisa)

Gli adolescenti di oggi sono i primi, veri, residenti digitali. Cresciuti immersi nell’Internet, dai social network a YouTube, sono sempre in contatto virtuale, vedono e ascoltano quello che vogliono, quando vogliono. Così come tutti i consumi d’azzardo, l’uso di sostanze da parte degli adolescenti innesca domande e preoccupazioni da parte di genitori, educatori e politici che tuttavia appaiono spesso disorientati, rischiando di interpretare in chiave emergenziale o sperando che sia solo «un qualcosa che poi passerà» un fenomeno rispetto al quale si ha difficoltà ad avere elementi razionali di conoscenza. L’intervento fornirà una panoramica dei dati disponibili e alcune possibili interpretazioni a questi fenomeni.

 

Giovani oltre la crisi: consumi e abusi nell'epoca delle passioni tristi

Riccardo De Facci (Presidente Nazionale CNCA - Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza)

In un periodo così difficile, dovuto all'emergenza sanitaria e alla conseguente riduzione delle relazioni in presenza e delle occasioni di incontro e divertimento condivisi, il mondo giovanile rischia ancor più di prima di essere parte importante e punto di caduta di una crisi delle relazioni, dei supporti e dell'aiuto delle funzioni educative. Un distanziamento sociale che sempre più si sta trasformando in un distanziamento relazionale, una riduzione degli incontri, delle nuove conoscenze, delle evoluzioni di crescita nelle scelte vitali dell'adolescenza e del giovane adulto e della giovane adulta. Questa sempre maggior autoreferenzialità e solitudine rischia di dimenticare soprattutto quei e quelle giovani più affaticate e vulnerabili in un contesto di aumentata offerta di occasioni, sostanze e modalità di consumo alternative e di intermediazione chimica alterante, eccitante o medicante rispetto ai desideri delusi, alle emozioni difficili e alle domande sempre più forti di prestazionalità, adeguatezza, collettivo desiderio di allontanamento dal mondo "normale".  Una crisi di relazioni che interroga anche i ruoli e le funzioni educative del sistema di supporto specialmente per le persone giovani il cui percorso di crescita è unito al consumo problematico, abuso o coinvolgimento dipendente, di sostanze stupefacenti sempre più nuove e differenziate. Quale sistema di risposta possibile, quali competenze e servizi utili o forse necessari?

 

Dal bosco di Rogoredo un cambio di paradigma: diversi scenari e nuove prospettive

Simone Feder (Coordinatore Area Giovani e Dipendenze, Comunità Casa del Giovane di Pavia)

Il boschetto di Rogoredo è oggi specchio di una realtà in cui il mondo delle dipendenze cattura e rende prigionieri ragazzi sempre più giovani. Il disagio imperante e sempre più pervasivo chiede oggi agli operatori di rivedere modalità di aggancio e intervento che si rivelano in questi tempi non più efficaci. La fragilità interroga e mette in discussione, non solo chi si trova a doverne portare il peso, ma anche chi sceglie di sostenerla e farsene carico, stimolando alla creazione di nuove offerte e progettualità. L'intervento si propone di descrivere la realtà drammatica del nuovo approccio alle sostanze, specialmente nei giovanissimi, di quanto provoca e genera nelle nuove generazioni, presentando scenari di risposte possibili che hanno portato il boschetto di Rogoredo a trasformarsi da luogo di disperazione a contesto di generazione di ponti di cambiamento e liberazione.

 

Relatori: Sabrina Molinaro , Simone Feder , Riccardo De Facci

Sabrina

Molinaro

Simone

Feder

Riccardo

De Facci

Da problema a opportunità: la gestione costruttiva dei conflitti all’interno dell’équipe

 

All’interno di qualsiasi organizzazione, gruppo di lavoro, équipe di professionisti, la nascita di conflitti tra colleghi è un evento ineludibile con cui ci si deve confrontare. Il conflitto di per se stesso non ha una valenza negativa o positiva, il conflitto è semplicemente una divergenza, è il saperlo o non saperlo governare che genera ricadute positive o negative sulla motivazione, sul clima, sulle relazioni personali e professionali e quindi sulle performance e sulla capacità innovativa e competitiva di una organizzazione.  La tendenza è quella di connotare il conflitto sempre negativamente, e quindi di evitarlo, cadendo spesso nell’errore di ignorarlo. Viceversa, laddove una gestione positiva del conflitto è parte della cultura di un ambiente professionale, il momento di confronto viene vissuto come espressione di diversità e quindi come opportunità di crescita personale e professionale e di ricchezza organizzativa. In un contesto sociale/professionale sempre più dinamico, in cui innovazione e miglioramento continuo sono la chiave di successo, il sapersi confrontare, il generare idee diverse e affrontare costruttivamente il conflitto quale divergenza diventa fondamentale, stimola e consolida il saper collaborare in una logica win-win!

Il conflitto (in quanto divergenza) se ben gestito è una risorsa.

L’obiettivo del laboratorio è stimolare la consapevolezza rispetto:

  • alla dinamica del conflitto e alle sue ricadute organizzative e relazionali;
  • alle diverse tipologie di conflitto all’interno di un team di lavoro;
  • alle possibili ricadute negative/positive per una ri-elaborazione del conflitto quale opportunità;
  • al proprio modo di gestire e vivere le situazioni conflittuali per potenziane la capacità di “governo”.

 

Relatori: Alberto Camuri

Alberto

Camuri

Palestra di scrittura professionale anti-oppressiva

 

Il modo in cui scriviamo come operatori non è questione marginale: la scrittura ha infatti il potere di costruire una rappresentazione della realtà che incide sulla vita delle persone.

Se le parole hanno questo potere, essere consapevoli del modo in cui costruiamo e attribuiamo significati ai fatti e alle situazioni dovrebbe quindi essere un elemento imprescindibile della nostra professionalità. Partendo dall’analisi di una relazione, il laboratorio aiuterà i partecipanti a sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto alla scrittura professionale. Si prospetteranno inoltre modalità diverse di costruire relazioni scritte che promuovano anche un cambiamento nel nostro modo di pensare e di guardare alle persone coinvolte negli interventi.

 

Relatori: Laura Malacrida

Laura

Malacrida

Valutazione delle competenze genitoriali e indagine psico-sociale: come promuovere un approccio relazionale

 

Quando gli operatori dei servizi sono chiamati ad effettuare una valutazione delle competenze genitoriali entrano in un mondo estremamente complesso, caratterizzato da incertezza, dalla compresenza di istanze talora contrastanti, da un intreccio di differenti competenze e mandati professionali. Il tutto all’interno di un contesto coercitivo, di cui l’indagine psico-sociale è, nell’immaginario collettivo, la rappresentazione ideale.

All’interno del simposio si cercherà di esplorare le diverse dimensioni dell’indagine psico-sociale e di condividere riflessioni e strumenti operativi a partire dall’idea che, anche (e soprattutto) all’interno di una cornice istituzionale definita da aspetti di coazione e valutativi, è necessario adoperarsi per promuovere una dimensione relazionale, partecipativa e trasformativa per le famiglie. Particolare attenzione verrà data alla condivisione e integrazione della prospettiva sociale e di quella psicologica all’interno del percorso.

 

Relatori: Francesca Corradini , Sara Petoletti

Francesca

Corradini

Sara

Petoletti

La promozione della salute mentale nelle sfide - e nelle poetiche - della tutela

 

La salute mentale degli utenti è uno dei «beni» fondamentali in gioco in ogni intervento di tutela con bambini e famiglie. Tuttavia, gli operatori che lavorano in questo campo hanno esperienza delle difficoltà, dei dilemmi e delle contraddizioni nelle quali spesso si incorre nell'inevitabile tensione che si genera tra il mandato - e il concetto - di protezione e tutela, e l'effettivo - o presunto - benessere degli utenti.

Come mettere quindi realmente al centro la salute mentale degli utenti nei nostri interventi? Quali sono i «valori», i criteri, i posizionamenti - e le parole - che dovrebbero guidare questa azione? Come promuovere trasformazioni utili e necessarie, senza eccedere in atteggiamenti istruttivi o paternalistici? Come rispettare l’idea di «vita buona» propria di ogni famiglia e contemporaneamente agire con senso di responsabilità?

 

Relatori: Stefano Benzoni , Andrea Prandin

Stefano

Benzoni

Andrea

Prandin

Tante responsabilità e poco svago: vita da giovane caregiver. Come insegnanti e operatori sociali possono intercettarli e sostenerli

 

I giovani caregivers sono bambini e adolescenti che per necessità, e per sopravvivenza, svolgono compiti di cura all’interno della propria famiglia. Queste responsabilità solitamente competono agli adulti e vengono sostenute per il benessere dei propri familiari. Talvolta potrebbe capitare che i giovani caregiver si occupino di cucinare, di accompagnare un familiare a visite mediche e/o di sollevarne il morale. Il carico sulle loro spalle intacca a breve termine la loro salute psico-fisica, con conseguenti difficoltà in età adulta. Spesso ansia e stress accompagnano le giornate dei caregiver e di conseguenza la scuola è trascurata. I giovani caregiver fanno tante assenze e/o ritardi, non sono costanti con i compiti, con il rendimento scolastico e anche nelle relazioni con i pari sperimentano delle difficoltà. In Italia, vi è uno scarso riconoscimento sociale e giuridico del fenomeno e ciò determina, da un lato, l’assenza di adeguate politiche di welfare e, dall’altro, la mancanza per docenti e professionisti del sociale di strumenti e indicazioni per supportare i giovani caregiver. Il simposio vuole offrire informazioni e testimonianze sul tema, suggerendo possibili strategie per insegnanti e operatori sociali.

 

Relatori: Paola Limongelli , Chiara Menescalchi , Giusi Scordo

Paola

Limongelli

Chiara

Menescalchi

Giusi

Scordo

Educativa domiciliare. Sfide e responsabilità dell'educatore

 

Interventi Educativi Domiciliari e COVID-19: riflessioni e nuove traiettorie

Alessandra Parpinello (Cooperativa Sociale Open Group, Bologna)

Quanti degli Interventi Educativi Domiciliari (I.E.D.) in corso a febbraio 2020 sono rimasti attivi nel periodo marzo-maggio 2020? Secondo quali modalità? Che cosa abbiamo appreso da questa esperienza? Questi alcuni dei quesiti che hanno guidato l’indagine esplorativa condotta da Open Group che ha coinvolto Coordinatori ed équipes degli Educatori che si occupano di I.E.D. nella Regione Emilia-Romagna per Open Group e alcuni partners del network regionale. L’indagine è stata condotta con l’obiettivo di raccontare uno spaccato del lavoro educativo e riflettere sulle prassi al fine di ripensare le pratiche di lavoro ordinarie dei servizi per immaginare nuove possibili traiettorie di intervento alla luce dell’emergenza sanitaria.

 

L’educatore a casa della famiglia: strumenti e percorsi di documentazione pedagogica

Sara Serbati (Università di Padova)

L’intervento presenterà il metodo della valutazione partecipativa e trasformativa come percorso capace, attraverso la documentazione pedagogica, di dare valore, forza e concretezza al sapere educativo, che si situa nel quotidiano e si costruisce insieme alle persone. Attraverso esempi pratici, i partecipanti avranno l’opportunità di comprendere e discutere strumenti ed esperienze utili a documentare nella quotidianità i bisogni dei bambini e il sapere delle famiglie, i cambiamenti, gli apprendimenti, le paure e le aspettative. Non per costruire un quadro di comprensione statico, ma per avere una base su cui costruire dialogo, confronto e nuovi significati dell’intervento, con la famiglia così come con tutti gli attori coinvolti.

 

L’educatore nella rete

Monica Broch (Progetto 92, Trento)

Il lavoro educativo è un lavoro di rete, intendendo la rete dei servizi a supporto del lavoro con le famiglie, ma anche la rete intesa come comunicazione mediata da diversi supporti tecnologici. Come stare nelle reti? Come utilizzare le reti? Come gestire le reti? L’intervento cercherà di fornire riflessioni e chiavi di lettura di questo sistema di relazioni sempre più complesso nel quale gli educatori si trovano immersi nel loro lavoro quotidiano.    

 

Relatori: Alessandra Parpinello , Sara Serbati , Monica Broch

Alessandra

Parpinello

Sara

Serbati

Monica

Broch

Ragazzi che arrivano da lontano. Il lavoro con Minori Stranieri Non Accompagnati

 

La condizione giuridica dei minori stranieri non accompagnati

Paolo Oddi (Avvocato, esperto in diritto penale e in diritto degli stranieri)

L'intervento è finalizzato a ripercorrere lo status dei minori stranieri non accompagnati, dal testo unico sull'immigrazione alla legge c.d. Zampa, sino alle più recenti modifiche normative, evidenziando criticità e prassi applicative. Ci si soffermerà in particolare sulla controversa questione dell'identificazione dei minori stranieri non accompagnati, del permesso di soggiorno per minore età, della nuova figura del tutore volontario e della peculiare situazione dei minori stranieri non accompagnati richiedenti protezione internazionale.

 

Errare humanum est. Educare a migrare

Clelia Bartoli (Università di Palermo)

Il verbo “errare” presenta un doppio senso: sbagliare e girovagare. I due significati non sono tra loro estranei, poiché è di norma tacciato di “devianza” colui che non segue la via maestra, preferendo avventurarsi in tragitti imprevisti e interdetti. Il secolare sospetto verso chi si sposta, a maggior ragione se si tratta di poveri, sta al fondo dell’attuale sistema frontaliero fortificato, dell’inclemente burocrazia con la quale deve misurarsi chi migra e, in un certo qual modo, anche di un’architettura scolastica che costringe in posture rigide i corpi e le menti dei discenti. Eppure, il mettersi in cammino oltrepassando le frontiere geografiche ed emotive, è probabilmente un passaggio necessario per una crescita autentica, che i giovani migranti vivono alla lettera. Data questa cornice, ci si chiede se occorra strutturare una pedagogia specifica per i minori stranieri non accompagnati volta a meglio integrarli nel regno della stanzialità o se, al contrario, l’erranza non possa divenire una condizione desiderabile di qualsiasi percorso educativo.

 

Relatori: Clelia Bartoli , Paolo Oddi

Clelia

Bartoli

Paolo

Oddi

Il coordinamento dei servizi tutela minori. Fare ricerca per i coordinatori con i coordinatori

 

Cosa significa coordinare un servizio che si occupa di proteggere i minori che si trovano in situazioni di difficoltà? Come è possibile sostenere gli operatori di campo nello svolgimento dei loro compiti e promuovere il benessere professionale? Il lavoro dei coordinatori come influisce sulla realizzazione dei singoli interventi di aiuto e, in generale, sul funzionamento del servizio e dell’organizzazione?

Il simposio affronterà l’argomento attraverso la presentazione dei risultati di ricerche realizzate ad hoc sul tema approfondendone alcuni aspetti peculiari, quali, tra gli altri: la promozione dell’empowerment e la valorizzazione delle specificità del gruppo di lavoro come fattori protettivi rispetto al rischio di burn out, l’equilibrio tra rispetto della normativa e dei mandati dell’Autorità Giudiziaria e autonomia e creatività professionale, l’importanza di intendere l’azione di tutela dei più piccoli a scavalco tra riparazione e prevenzione lavorando in rete tra soggetti diversi. Verrà inoltre posta attenzione all’attuale situazione di emergenza sanitaria, delineando il ruolo chiave giocato dai coordinatori nella definizione di priorità di lavoro, nel mantenimento delle relazioni con minori, famiglie, volontari, operatori di altri servizi e Autorità Giudiziaria oltre che descrivendo bisogni, difficoltà e nuovi apprendimenti connessi al lavoro nell’ambito della tutela dei minori emersi durante i primi mesi di lockdown.

 

Relatori: Daniela Malvestiti , Francesca Biffi , Claudia Zanchetta

Daniela

Malvestiti

Francesca

Biffi

Claudia

Zanchetta

Shared decision-making meetings with families: what are they, what difference do they make and what are the lessons from international research?

Relatori: Donald Forrester

Donald

Forrester

Cosa serve ai nostri ragazzi? Riconoscere i segnali di una sofferenza nascosta e trascurata

Relatori: Matteo Lancini

Matteo

Lancini

La cultura degli operatori e dei Servizi nei percorsi con famiglie di minoranza etnica

Relatori: Elena Cabiati

Elena

Cabiati

Bambini e ragazzi che cercano il loro futuro tra noi: storie di migrazioni

Relatori: Eraldo Affinati

Eraldo

Affinati